La speranza e la disperazione. La gioia e il dolore. La vita e la morte. In mezzo medici e infermieri dalle indiscutibili qualità, non sempre sostenuti da un sistema sanitario all’altezza.

Di storie come quelle che vi raccontiamo se ne sentono tutti i giorni nei nostri ospedali. Ma in questo caso acquisiscono un’importanza particolare, quasi unica, perché il fato ha voluto che capitassero la stessa sera, in due ospedali baresi, ma con finali purtroppo antitetici.

Al Di Venere un uomo, proveniente dal nosocomio di Corato, perde la vita a causa di un infarto: inutili i tentativi del medico che, pur sforzandosi e dando tutto per salvare quella vita, si è dovuto arrendere. Ciò che resta sono le parole, pesate e consolatorie per dire, da perfetto sconosciuto, ai parenti che il loro caro non c’è più. Uno sforzo immane, come se non bastasse quello in sala operatoria. Si è fatto tutto il possibile ma non è servito, eppure il paziente è stato trasportato al Di Venere perché c’è l’Emodinamica. Un destino probabilmente già scirtto.

Ma proprio all’Umberto I di Corato, parallelamente, si consuma un’altra storia: una paziente di 150 chili, con segni di compromissione fetale, riesce a dare la vita al piccolo Alessandro. Anche in questo caso il lavoro dell’equipe di medici è lungo, rischioso ed estenuante ma si conclude con un lieto fine. La situazione di partenza, però, è agli antipodi. Un ospedale di provincia, dove non manca di certo l’impegno e la competenza dei medici, ma è di sicuro meno attrezzato, senza banca del sangue e rianimazione. Fattori che rendono gli interventi ricchi di ostacoli, ma che i medici superano grazie alla loro bravura e passione per quello che fanno.

Da una parte un ospedale più attrezzato, dove una vita si spezza. Dall’altro un nosocomio meno dotato dove un’altra vita, invece, viene salvata in condizioni difficili. È l’eccezione che conferma la regola. Ma può essere sempre il caso a decidere? Non sappiamo se i nostri destini siano già ineluttabilmente scritti, ma vorremmo che quegli eroi senza nome, che ogni giorno fanno di tutto per salvarci la vita, possano operare nelle migliori condizioni ovunque, senza distinzione fra un ospedale di provincia o uno di città. È per questo che siamo sempre più convinti, al netto delle competenze del personale sanitario, che gli ospedali di Terlizzi, Corato e Molfetta debbano essere accorpati in un unico nosocomio di I livello.