Dopo la criticata edizione dello scorso anno, quello che voleva essere il corteo del “riscatto” da parte dell’amministrazione barese, si è rivelato a nostro avviso l’ennesimo fallimento. Una regia dello sconosciuto Francesco Brollo, inesistente tanto quanto la direzione artistica (spaesata e insipida), hanno connotato un lungo e noioso corteo di circa 450 figuranti partiti dal Castello e giunti alla Basilica di san Nicola dopo oltre tre ore e mezza di qualcosa che potremmo definire poco più di una passeggiata.

Il tutto seguito dallo spettacolo di Rex Extensa, suggestivo quanto costoso (si parla di 60mila euro tra fondi del TPP e sponsorizzazione della BCC), che fin dall’inizio è apparsa la scialuppa di salvataggio di questo corteo. Un’arma di distrazione di massa che, assieme ai cavalli e sbandieratori (obbligatori da bando) potesse dare, come alla fine è riuscito a dare, l’illusione di un’idea.

Partiamo dalla grafica: il grappolo di palloni che doveva rappresentare, come recitava il bando, “il simbolo, anche grafico, del corteo nicolaiano 2016”. Un simbolo che nei manifesti, libretti, in tutto il resto, era completamente assente. Un San Nicola ben disegnato e colorato, le classiche tre sfere, con sparse qui e lì quattro piccoli scarabocchi a forma di spirali. Il grappolo di palloni dov’è? L’avranno dimenticato i giovani creativi di Pooya, che hanno curato anche l’efficace grafica della manifestazione dello scorso anno.

Il corteo, come si diceva, è partito dal Castello Svevo dopo che i figuranti sono rimasti nella zona antistante lo stesso Castello per oltre un’ora, con il pubblico che sperava potesse succedere qualcosa. Poche azioni, confuse e disordinate e i quadri scenici si compongono lungo piazza Castello. Alle 20.30, un suono di tamburi in lontananza, illude il pubblico che qualcosa possa accadere, ma nulla. Tra il pubblico qualcuno esclama: “Hanno fatto solo rumore ma non succede niente”. E infatti non succederà niente per un’ora e quarantatrè minuti dall’uscita del primo gruppo.

La gente, esasperata dall’attesa, finalmente vede qualcosa muoversi e il corteo inizia con il suono dei due gruppi di timpanisti (Militiae Sancti Nicolai e Nicolaus Barium), che sono il vero “sale” di questo corteo e che da soli strappano i pochi applausi degli spettatori al passaggio dei gruppi. Contrariamente a quanto dice il bando, che limitava l’intervento dei timpani ai soli momenti filologicamente coerenti”, il lavoro dei timpanisti (circa 170 tra i due gruppi), ha di fatto accompagnato quasi incessantemente il corteo, dandogli quel ritmo che la regia non è in nessun caso riuscito a creare.

Decine di metri separavano i vari gruppi, che raccontavano poco e male alcuni episodi della vita del santo, mischiati senza coerenza con alcuni pezzi dell’episodio della traslazione. Su corso Vittorio Emanuele si è potuta meglio apprezzare l’assenza di regia e di idee drammaturgiche, oltre alla sciatteria degli allestimenti. Danzatrici vestite di nero (!) facevano ondeggiare della stoffa colorata che sembrava plastica a simulare il mare, come nemmeno nella peggiore recita di scuola elementare, così come inqualificabili erano i costumi dei bambini e ragazzi: juta bianca tagliata alla men peggio, stretta in vita da una fascia rossa e, a seguire, un’accozzaglia di costumi, evidentemente provenienti da parti diverse, vestivano senza cura i figuranti regolarmente muniti di orologi, occhiali, scarpe da ginnastica e cellulari.

I cavalieri, invece, sembrava vestissero da normanni e bizantini ed erano inspiegabilmente ed assurdamente tutti insieme (storicamente non erano propriamente colleghi di cavalcate). Ma il pubblico ha certamente apprezzato la presenza dei cavalli, applaudendo più volte al loro passaggio, soprattutto nei punti in cui il corteo sfilava nelle strade più strette, quando si riduceva la distanza con i cavalli.

Scenografia? Non pervenuta. Tre sfere gonfie di elio segnalavano la testa del corteo ed erano seguite da due strutture, una sorta di baldacchini, illuminate inspiegabilmente con lucine natalizie ad accendere altrettanto incomprensibili quadri. Per il resto, come detto, il vuoto.

Dopo aver percorso parte di corso Cavour, il corteo si è infilato, come da pessima tradizione interrotta solo da Sergio Rubini, in quel tunnel surreale del Lungomare Imperatore Augusto. Musica partenopea e techno a tutto volume avvolgeva i figuranti assieme al fumo delle salsicce. Luci accecanti rendevano lo slalom dei figuranti tra resti di panini e birre ancora più difficile. Non c’è molto da commentare. L’arrivo in Basilica è risultato emotivamente coinvolgente solo per la presenza dei due gruppi di timpanisti, uno posizionato sul sagrato e l’altro di fronte, che hanno continuato a fare il ritmo del corteo. Molto suggestivo l’effetto scenico prodotto da una specie di polvere posta sui tamburi del gruppo Nicolaus Barium che, ad ogni colpo, avvolgeva gli stessi in una nuvola di fumo. C’è poco altro da raccontare, il corteo 2016 finisce qui.

Una festa strapaesana travestita da “evento” in cui emerge chiaramente l’assenza di un progetto vero, organico e di una visione dell’amministrazione che continua a mostrare un’enorme debolezza nell’assessorato preposto a gestire i pochi appuntamenti di rilievo popolare di questa città (Corteo e Natale). Ancora una volta, come accade da decenni, “giovane” non significa meglio. Continua, infatti, la sciatteria di sempre nella pessima gestione di queste occasioni per costruire un progetto organico e di lungo respiro che trasformi il corteo (ma anche il Natale) in un’opportunità di rilancio e non in una seccatura da dover affrontare qualche decina di giorni prima. Aspetteremo il prossimo bando di Natale per capire se saremo costretti a vedere e subire qualche altra trovata “last minute”.