La medicina dei ragionieri cozza con quella degli operatori impegnati ogni giorno a salvare la vita di chi è appeso a un filo. Numeri per chi decide di tagliare, accorpare, privatizzare; uomini e donne nella testa di chi pensa prima di tutto a prestare soccorso. L’infartuato ripreso a Gravina, come detto, riaccende i riflettori sulla mancanza dell’Emodinamica all’ospedale della Murgia e ribadisce ancora una volta, ce ne fosse ancora bisogno, che l’ambulanza del 118 di Gravina deve avere il medico a bordo. Alla luce di quell’emblematico episodio abbiamo intervistato il dottor Francesco Papappicco, il medico che con la sua decisione ha salvato la vita al 46enne, ma soprattutto il promotore di tante battaglia per il miglioramento dell’assistenza sanitaria nel territorio della Murgia.

Dottore vorremmo approfondire qualche aspetto della vicenda che abbiamo raccontato per capire meglio quali ostacoli affrontate in certe situazioni.
Volevo innanzitutto ringraziare i miei collaboratori di ambulanza, sottolineando anche come in questo caso ci sia stata immediata intesa con la Centrale Operativa del 118 in merito alla mia scelta di centralizzare il paziente al Miulli, evitando inutili perdite di tempo. Voglio inoltre spiegare il senso dell’articolo. Leggendo i commenti in pochi hanno colto in pieno. Vede, si parla di fortuna o di grandezza, per questa come per altre vicende. Seneca diceva che la fortuna non esiste, ma che esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione e nel nostro campo quando si verificano queste condizioni si devono mettere in conto le conseguenze di ogni azione. Ciò che accade spesso – e può accadere per carità – è che un ecg refertato con la telecardio in un dato momento non sia di per sé evocativo o indicativo del percorso più appropriato da intraprendere. Quando un tracciato è chiaramente critico il cardiologo refertatore stesso suggerisce l’attivazione del percorso HUB, per intenderci parliamo dell’Emodinamica per la coronarografia e l’angioplastica.

Chi o cosa fa la differenza in queste situazioni?
Ritorniamo al talento e all’occasione. Se mi mandi un referto tipo quello dell’altra notte potrei essere indotto all’errore.

In che senso?
I protocolli ci aiutano, ma non sono tutto. Il fattore umano fa sempre la differenza. Quando parlo di errore, nella fattispecie che stiamo considerando, intendo proprio un errore sostanziale, non formale o di procedura. Intendo dire un referto estemporaneo, per quanto tecnicamente corretto, può non essere vincolante dal punto di vista diagnostico. Sarebbe come pretendere di misurare la temperatura corporea ad una persona immersa per metà in acqua bollente e per metà in acqua gelata ed affermare che il risultato ci conforta se il termometro segna 36. E poi che si fa? Devi prendere una decisione o fai la fine dell’asino di Buridano. Occorre l’anamnesi, l’obiettività clinica ed altre variabili che il medico del 118 deve considerare.

È dunque una questione di esperienza, preparazione e intuito oltre che di condizioni favorevoli e strutture specialistiche adeguate?
Intendo proprio questo. Nel nostro lavoro sta appunto al medico del 118 decidere in poco tempo e fare il discrimine; valutare criticamente la situazione (l’occasione) ed evitare conseguenze nefaste.

Avesse deciso di portare il paziente al Perinei?
Nessuno avrebbe formalmente sbagliato, ma sostanzialmente sì. I giuristi direbbero: non de iure, ma de facto. Gli stessi colleghi di questo ospedale si sarebbero trovati presumibilmente in difficoltà e ci avrebbero richiamati per centralizzare l’infartuato al Miulli.

Con quali conseguenze ipotizzabili secondo lei?
Non avremmo recuperato il miocardio e probabilmente il rischio quoad vitam e ad valetudinem, come si dice in medicina, non sarebbe stato lo stesso. L’esatta interpretazione del tracciato e del quadro clinico d’altronde erano solo nelle mie facoltà. Da qui la decisione di interpellare la CO e condividerne la responsabilità al fine di far attivare il Miulli. Questo è sempre stato il mio intento da quando sono nel 118. Vede, anche nel caso Martimucci, voglio ricordarlo, usai gli stessi criteri. Come sempre. Mi consenta un’ultima considerazione. Immagini cosa accade quando la stessa situazione di ieri notte si presenta pari pari su un mezzo senza medico. Immagini le conseguenze per il malcapitato. Senza che se ne abbia contezza, senza responsabili, senza possibilità di riflettere su questo al fine di correggere il sistema.

Cosa avrebbe potuto fare un infermiere dunque?
Nelle condizioni operative e di tutela assicurativo-professionale attuali credo ben poco. Molti infermieri del 118 barese sono in grado di riconoscere uno STEMI, ma tracciati borderline, talora anche per noi una chimera, no. Nel nostro caso, quel paziente sarebbe stato portato al Perinei e difficilmente avrebbe potuto raccontare una storia a lieto fine.

Cosa si augura per il futuro?
Credo nell’impegno di ognuno e nella riflessione argomentata e possibilmente condivisa, finalizzata a risultati concreti, efficaci e non necessariamente dispendiosi come qualche manager o burocrate vorrebbe lasciar intendere.