L’inchiesta sui prelievi a domicilio, almeno la nostra di matrice giornalistica, sta prendendo una nuova direzione. Non certo una redenzione per chi è finito sotto la lente d’ingrandimento, ma la voglio di capire fino in fondo come stanno le cose. Scavare aiuta a toccare il fondo, per capire che le cose non stanno sempre come vogliono farci credere.

In attesa di avere altri racconti e documenti su certe negligenze, possiamo dirvi con certezza di aver toccato un nervo scoperto. Il problema vero è che di mezzo come al solito ci è andata la povera gente. Insieme a Saverio Andreula e Giuseppe Papagni, presidente e vicepresidente dei Collegi Ipasvi di Bari e Bat, abbiamo realizzato un video tutorial su come deve avvenire il prelievo a domicilio. Non avvenisse nel modo in cui viene raccontato, sappiate che non vengono rispettati i dettami previsti dalla legge.

Una legge che continua ad essere violata tutti i giorni, nonostante le disposizioni del direttore della Asl di Bari, Vito Montanaro. La Asl, purtroppo, sembra che nelle more dell’accreditamento di liberi professionisti, associazioni, entri e cooperative, abbia scaricato la patata bollente sugli infermieri.

“L’ultima nota del direttore generale della Asl di Bari – spiega Andreula – non risolve il problema, anzi ne crea altri. In Italia, chiunque eserciti una prestazione sanitaria è soggetto ad accreditamento istituzionale. Ci sono delle norme pubblicate sul Burp della Regione Puglia, che definiscono le modalità attraverso cui si esegue il prelievo a domicilio”. L’ente che va a regolamentare i prelievi è dunque la Regione. Alla Asl, invece, spetta il compito di controllare.

“La Asl di Bari ha un bel numero di professionisti capaci di definire le modalità con cui normare i prelievi a domicilio – continua il presidente del Collegio Ipasvi -. Per poter svolgere l’attività domiciliare, anche nel caso di associazioni e cooperative, non serve solo avere infermieri e biologi, contratti per lo smaltimento, le giuste attrezzature”. Bisogna soprattutto avere l’accreditamento e quindi l’autorizzazione da parte della Asl, che finora sulla questione ha dormito. Non lo diciamo noi, ma neppure il presidente Andreula. A stabilirlo è una legge dello Stato Italiano. E qui arriva l’affondo.

“In questo momento, secondo quanto ci risulta – tuona il numero uno dell’Ipasvi barese – sta avvenendo una violazione sistematica della legge italiana, altro che infermieri che nel rapporto di fiducia coi cittadini hanno accontentato gli stessi venendo incontro alle loro esigenze. Questo è un fenomeno molto più grande di quello che lei sta documentando in questo momento, su cui credo avremo molto da dire in futuro. Siamo un organismo ausiliario dello Stato per il controllo delle attività sanitarie sul territorio e sulla loro regolamentazione. Quello che osserviamo è che i direttori generali della Asl pugliesi stanno dando direttive diverse tra loro, spesso in contrasto”.

A questo punto in tanti sentono il bisogno di un intervento risoluto della Regione Puglia, l’ente che ha emanato la direttiva madre e che ora dovrebbe istituire un tavolo tecnico, convocare tutti i soggetti interessati ed impartire loro disposizioni uniformi.

Sì, ma la povera gente che non può effettivamente raggiungere i centri di prelievo, come deve fare? “Montanaro richiede di avere la certificazione del medico curante, in modo da testimoniare la reale necessità del paziente – spiega Andreula – poi la stessa Asl dovrebbe garantire il prelievo a domicilio attraverso i suoi professionisti. Il problema della circolare del direttore generale, che non è un medico, offre una serie di situazioni fortemente a rischio. Chi paga le conseguenze non è la Asl, ma l’infermiere che va a registrare una serie di autocertificazioni sulle schede, che rendono tracciabile un intervento di cui dovrà dare conto”.

L’Ipasvi ha chiesto un incontro per dare una norma precisa per tutto il territorio. “L’infermiere deve essere identificato – sostiene Giuseppe Papagni, vice presidente del Collegio Ipasvi della Bat -. Appena si applicherà la nuova norma in tema di responsabilità professionale, qualsiasi infermiere che si reca a casa del paziente, sia inquadrato in cooperativa, sia volontariato, sia autorizzato deve avere copertura assicurativa, soprattutto per il bene del paziente”.

La Asl ha il compito di definire le modalità di accreditamento e tracciabilità delle prestazioni. “Al momento, proprio al Policlinico – incalza Andreula – l’accettazione dei prelievi avviene in maniera totalmente difforme rispetto alle disposizioni impartite da chi ha la responsabilità del controllo. Vogliamo recuperare il rapporto di fiducia fra cittadino e infermiere. Non tutti sono in grado di  entrare subito in empatia con il paziente. Gli infermieri che sono stati coinvolti nella vicenda dello scandalo di Emofilia hanno semplicemente intercettato un bisogno primario del cittadino, seppur sotto gli occhi di Asl e Policlinico.

“Purtroppo – conclude Papagni – in virtù della mancanza di una normativa, gli infermieri devono barcamenarsi per dare un servizio che doveva essere gestito dalla Asl e che invece finora è mancato”.