L’inchiesta della Guardia di Finanza e dei Carabinieri del Nas sui prelievi a domicilio effettuati in nero dagli infermieri, troverebbe fondamento nelle dichiarazioni della caposala del Centro di Emofilia e Trombosi del Policlinico di Bari, trasferita in direzione sanitaria. Si tratta di indiscrezioni, un racconto che tuttavia getterebbe parecchie ombre sulla gestione del malcostume da parte dei vertici dell’azienda ospedaliera.

Secondo quanto siamo venuti a sapere, la caposala, di ritorno da un lungo periodo di convalescenza, avrebbe notato che le scorte di materiale utili al prelievo di sangue erano notevolmente diminuite. La donna, sconcertata per l’ammanco nel reparto, avrebbe sottoposto per iscritto la faccenda al primario. Secondo quanto siamo riusciti a sapere, quest’ultimo, non solo avrebbe respinto le doglianze della caposale, ma l’avrebbe anche giudicata inadatta al proprio incarico, ovvero quello di gestire il reparto e l’approvvigionamento del materiale sanitario.

Dell’accaduto la caposala avrebbe messo a conoscenza la direzione del Policlinico, chiedendo di essere ricevuta dal direttore generale, effettivamente incontrato, ma sembra solo dopo una richiesta formale inviata a mezzo raccomandata. La caposala avrebbe esposto i propri sospetti circa il comportamento degli infermieri dipendenti del centro, ovvero che gli stessi operassero al di fuori della struttura ospedaliera utilizzando le strutture e i materiali acquistati dall’azienda pubblica, quindi coi soldi dei cittadini.

Sempre secondo quanto è stato possibile apprendere, il direttore generale, dopo aver contattato il primario e ricevuto rassicurazioni sul fatto che il personale infermieristico del reparto operasse in maniera lineare e corretta, avrebbe consigliato alla caposala di non sollevare ulteriori polveroni. Questo avrebbe dichiarato la caposala. Alla luce degli ammanchi del materiale la donna avrebbe detto di aver posto maggiore attenzione sul personale infermieristico del reparto, accorgendosi che gli infermieri in maniera del tutto illegittima erano impegnati ad effettuare prelievi pagati a nero presso il domicilio dei pazienti, utilizzando il materiale in dotazione all’azienda pubblica.

Gli infermieri nel mirino sarebbero sette, ma sarebbe al vaglio anche la posizione di un’ottava infermiera, in servizio al Centro Prelievi. Così fosse, si tratterebbe di una condotta del tutto illegittima, perché agli infermieri del Policlinico è preclusa ogni attività libero professionale per effetto del rapporto di esclusività che li lega alla propria amministrazione e perché l’azienda Policlinico, a differenza dalla Asl, non svolge assistenza sul territorio.

La caposala, inoltre, avrebbe notato che gli infermieri impegnati nelle operazioni di prelievi domiciliari a nero, registravano prima i campioni dei prelievi da loro effettuati a domicilio e poi i campioni dell’utenza presente in reparto, causando disservizi al pubblico. Nel corso dei mesi sarebbe stata fatta particolare attenzione sulle modalità con cui venivano effettuati i prelievi domiciliari e sulla modalità di trasporto e conservazione dei campioni.

Secondo l’esperienza di alcune delle persone ascoltate dagli investigatori, i campioni risultavano gravemente pregiudicati in vista del risultato degli esami e della conseguente terapia da somministrare ai pazienti. La cosa che stupisce, secondo quanto ci è stato riferito, è il fatto che tutti sapevano della prassi, ma nessuno è mai intervenuto con un provvedimento ufficiale.

A quanto pare, le lamentele in merito ai riscontri forniti ai propri superiori dalla caposala sulla mancanza del materiale sanitario, erano sempre corredate dalle schede di scarico del materiale di reparto, da cui emergeva un consumo eccessivo rispetto a quello effettivamente necessario. Al primario, poi, a marzo del 2016 sarebbe stata presentata una nota, con la quale la caposala denunciava in maniera diretta le modalità dei prelievi e la mancanza delle scorte. Alla luce di queste indiscrezioni, è probabile che l’inchiesta possa riservare a breve sviluppi particolarmente clamorosi.