Francesco Rocca, presidente nazionale Croce Rossa

Di Banti in peggio, direbbe qualcuno che di prosa se ne intende. Quello che invece dicono i volontari in tuta rossa sparsi per tutto il paese, probabilmente non interessa a nessuno. E se stiamo conducendo questa inchiesta, stimolata dai gruppetti che stanno spuntando a macchia di leopardo in tutta Italia, lo facciamo per una questione, speriamo nobile, di trasparenza.

Che i volontari di Cri abbiano pessimi dirigenti, ci scusino, è un problema loro, che li hanno votati. Che i dipendenti siano (mal)trattati è sempre un problema loro, visto che reclamano per le giuste strade solo in pochi. Dove riteniamo di poter incidere, è sul concetto di trasparenza, oggi regolato da una Legge dello Stato e specificamente espresso nel regolamento interno della Cri, più volte declamato da via Toscana, ma immediatamente accantonato dal Comitato nazionale e via via da tutte le sedi del franchising più umanitario d’Italia.

Certo, avete letto bene, franchising, proprio perché il marchio è lo stesso ma “ogni agenzia è autonoma”, salvo riconoscere royalties alla casa madre e dover fatturare per forza a manetta, pena fallire in proprio, dover acquistare tutti le stesse divise, gli stessi mezzi, avere le stesse procedure, ma con rischio d’impresa a carico di ogni singola unità.

Parlavamo comunque di trasparenza, per segnalare come, ormai, la nebbia che avvolge la Croce Rosa Italiana, pare densa e puzzolente come quella che riveste la palude di Shrek. Accantoniamo per un momento la questione dei due mega contratti, di Ronzi e Contini, più quello del terzo che andrà a completare a breve il segretariato. Noi sappiamo di cosa stiamo parlando, i volontari non sanno per cosa stanno lavorando, i diretti interessati fanno finta di nulla.

Nonostante un regolamento interno prescriva l’obbligatorietà della pubblicazione degli atti dei Comitati Cri, a qualsiasi livello, presso i Comitati stessi e sui siti internet, ove attivati, ci siamo messi a caccia di determinazioni, delibere e di qualsiasi atto che dimostrasse come la Cri sia viva e adempia a quanto regolarmente convenuto. Dopo qualche giorno di ricerche ci siamo arresi. Le delibere non ci sono. E dire che i Consigli direttivi si riuniscono spesso, le assemblee si fanno regolarmente e i Presidenti emettono provvedimenti come fossero fatti col ciclostile.

Ma allora a che serve parlare di trasparenza, nominare Comitati di garanti e continuare a fare finta di nulla? Eppure contributi pubblici la Cri, anche quella privata, ne incassa molti, bastassero quelli delle varie collette per sovvenire ai disastri, ed il conto si potrebbe allungare a dismisura. Perché l’associazione di volontariato si nasconde ai volontari stessi? Sul sistema informatico Gaia, le deliberazioni del Comitato Direttivo Nazionale sono ferme alla numero sette, alla data di oggi. Il resto è il nulla, ma nessuno tranne noi si lamenta di questo andazzo e con noi ci sono tanti volontari.

Si fanno riunioni su riunioni per blindare gli archivi e cambiare le serrature agli uffici, senza capire che essere trasparenti è una regola che ha vantaggi per tutti. I Comitati dovrebbero cominciare a comunicare il nominativo di tutte le persone che retribuiscono, non c’è privacy che tenga, i soci hanno sempre diritto di sapere. Un esempio su tutti. Francesco Rocca, il simpatico Presidente–liquidatore di Cri, non ha pubblicato i suoi dati patrimoniali e le dichiarazioni di insussistenza di incompatibilità, previste dalla Legge, sui siti di Cri, dove la fa da padrone.

Questi dati si trovano invece sul sito di Aci, associazione privata con contributo pubblico esattamente come Cri, dove evidentemente al rispetto di certe cose tengono un pochino di più, e dove il nostro caratterista preferito siede, in rappresentanza della medesima Cri, nell’assemblea generale, naturalmente a titolo gratuito. L’Aci non ha volontari ma adotta criteri di trasparenza elevatissimi; voi continuate a chiamare questa cosa “privatizzazione”.