Certo, riuscire a perdere le elezioni nelle quali corri da solo è molto difficile ma con la prosopopea e la faccia di bronzo che distinguono la nuova classe dirigente della nuova Croce Rossa Italiana nulla è praticamente impossibile. Parliamo dell’inossidabile Gianluca Saitta. È stato eletto a febbraio scorso Presidente di un comitato dell’hinterland romano (il comitato Roma 6), tentando con successo il salto di qualità senza prima dimettersi dalla presidenza del Comitato romano.

Il regolamento elettorale della Croce Rossa Italiana parla chiarissimo e lui, come i suoi sostenitori, deve averne letto solo una parte. L’articolo 4 inizia proprio così: “INCOMPATIBILITÀ ED ESCLUSIONI 4.1. A norma dello Statuto del Comitato locale le cariche elettive sono incompatibili: a. tra di loro nonché con cariche elettive presso un altro Comitato della C.R.I.” e Saitta, essendo stato eletto in un altro Comitato, non poteva presentare la sua candidadura”.

Se è vero, come afferma lo stesso Saitta, che “il diritto di opzione si esercita entro cinque giorni dal momento in cui si verifica la situazione di incompatibilità” è anche da sottolineare come, sempre a mente dei comma 2 e 4 dell’articolo 4 del regolamento elettorale: “4.2. L’incompatibilità decorre al momento dell’accettazione della candidatura ad una delle cariche associative del Comitato Locale.” e “4.4. Il mancato esercizio del diritto di opzione, nei termini di cui ai commi precedenti, comporta la decadenza dalla candidatura alla carica associativa del Comitato Locale”.

Tradotto in italiano corrente significa che il signor Saitta doveva, entro il 15 settembre, comunicare la sua opzione tra la permanenza nella qualità di Presidente del Comitato Roma 6 o la sua candidatura al Consiglio Direttivo del Comitato per l’Area Metropolitana di Roma Capitale. Il giorno 16 settembre la presidenza dell’Ufficio elettorale doveva respingere la sua candidatura, in mancanza di dimissioni, ed espungere il suo nome dalle liste elettorali. Ciò non è avvenuto ed ora sarà sufficiente il ricorso di un socio volontario dotato di elettorato attivo per far guadagnare le spese legali a qualche intrepido avvocato e far cadere ulteriormente nel ridicolo una classe dirigente autoreferenziale e convinta di una immunità e di una impunità che le deriva proprio dal non avere nessun tipo di contraddittorio.

Per inciso, in qualità di Presidente del Comitato, l’ineleggibile ma onnipresente Saitta lunedì prossimo, 3 ottobre, alle ore 18 presenterà la Cri agli aspiranti volontari iscritti presso il suo Comitato al corso di accesso e quindi ogni voce sulla sua dimissione si è rivelata una fola elettorale, dove il cerotto è stato molto più piccolo della ferita inferta ala moralità dell’intera Associazione nazionale.

Stessa sensazione di immunità deve aver provato Flavio Ronzi, che l’altro giorno ha presenziato in uniforme rossa ad una manifestazione pro terremotati in un plesso scolastico. Al suo fianco Raoul Bova e tutti e due giocano e scherzano, ma che c’entra, adesso, Ronzi con l’uniforme rossa? Perché questo signore indossa la maglia rossa, divisa dei Volontari di Cri quando lui non è un Volontario? Perché questo signore va a rappresentare i Volontari di Croce Rossa Italiana quando è segretario generale dell’Associazione, quindi uno stipendiato?

Sa che a mente dell’articolo 36 dello Statuto vigente, a lui spettano i compiti di gestione ma non quelli di rappresentanza dell’Associazione? Perché le Leggi, i Regolamenti, gli Statuti di Croce Rossa devono sempre essere interpretati e mai applicati? Naturalmente non può mancare la domanda del secolo: perché i Volontari che gli pagano lo stipendio non possono leggere il contratto di lavoro di questo signore? Sono tanti i volontari che nel frattempo si cominciano a porre queste stesse domande ma non trovano nessuno, tra i dirigenti della Croce Rossa Italiana, che dia loro la soddisfazione di una risposta compiuta, forse perché una risposta, nel senso che fa comodo a loro, non la possono dare. Noi ce la siamo data da soli e rientra tutta nello smantellamento predeterminato e strategico che avete preferito chiamare “privatizzazione”.