Francesco Rocca, presidente nazionale della Croce Rossa Italia – meglio dire di ciò che resta del glorioso ente – è stato rinviato a giudizio per diffamazione a mezzo Facebook. L’udienza, davanti al giudice De Vincenzi, si terrà presso il Tribunale di Grosseto, alle ore 9.00 del prossimo 31 ottobre.

Ironia della sorte, l’udienza in cui il Gip ha disposto il rinvio a giudizio, nonostante la richiesta di archiviazione avanzata del pubblico ministero Marco Nassi, si è tenuta lo scorso 13 maggio, appena due giorni prima della nuova elezione di Francesco Rocca a presidente dell’ente. Elezioni, lo ricordiamo, in cui Rocca era unico candidato.

Francesco Rocca, spesso spregiudicato nei suoi commenti su Facebook, come dimostrato dalla vicenda Gallistru, dovrà spiegare il senso del suo commento nei confronti di Aniello Leonardo Caracciolo, ex presidente della Croce Rossa Provinciale di Caserta, segretario nazionale del sindacato Cisal Fialp Cri, da 40 anni volontario della Croce Rossa; nella vita primario di neuropsichiatria all’ospedale di Caserta. Caracciolo è senza dubbio la spina più pungente nel fianco del presidente Rocca.

Veniamo ai fatti. Il commento che ha costretto Caracciolo a querelare Rocca è questo: “Mario Merola e Masaniello (rispettabili entrambi) hanno poco a che fare con i principi fondamentali… La sintesi perfetta dei due personaggi di cui sopra non ne produce un altro migliore ma trasforma chi si esercita con quello stile in un povero pagliaccio che danneggia la Croce Rossa del suo territorio… Ieri abbiamo ricevuto il ricorso al Tar più ridicolo nella storia della CRI”. 

Evidentemente non tanto ridicolo se si considera che Caracciolo, non solo ha vinto quel ricorso al Tar, ovviamente dopo il commento sprezzante di Rocca su Facebook, ma ha pure messo i sigilli su quella sentenza con la vittoria al Consiglio di Stato, dopo l’opposizione fatta da una delle persone chiamate in causa.

Cracciolo, per i Tribunali italiani, dunque non è un pagliaccio e adesso Rocca, che dà dello stercoario a chi gli rema contro, pavidamente senza mai scrivere il nome di chi addita a nemico pubblico, dovrà rispondere dell’infamante accusa.

I fatti risalgono a quando Rocca dispose lo smembramento del Comitato provinciale di Caserta. A quei tempi, il presidente del Comitato di Caserta era Aniello Leonardo Caracciolo. In sostanza, Rocca voleva ridimensionare Caserta per dare più “onore” ad altri due Comitati retti da sue persone di fiducia. Secondo Caracciolo tutto ciò avvenne in maniera illegittima e quindi presentò ricorso al Tar. Il territorio di Caserta, grazie a quella opposizione, non fu smembrato. La questione fece presto il giro della Campania e i volontari di Caserta chiesero a Rocca una riunione per discurere della vicenda.

L’invito al presidente arrivò su Facebook, lo stesso social network che adesso potrebbe costare caro a Rocca, difeso ovviamente da avvocati pagati dall’ente.

Il fattaccio che scatenò le ire di Rocca avvenne proprio nell’incontro coi volontari, nella sala consiliare della Provincia di Caserta. Da un lato il presidente Rocca annuiva ai volontari, sorridendogli; dall’altro, si rivolgeva a denti stretti offese di ogni tipo a Caracciolo, che gli sedeva accando. Tutto nella norma – se così si può dire – fino a quando il presidente del Comitato di Caserta non pensò che Rocca avesse superato il limite.

A quel punto riferì quanto stava succedendo agli ignari volontari, che iniziarono a contestare Rocca in maniera plateale, con applausi di scherno. Prima il tentativo di mettere tutto a tacere, sminuendo l’accaduto, poi il post incriminato sulla sua pagina Facebook. Lo si può dire con certezza perché Caracciolo fece fare una perizia per stabilire con precisione che l’oggetto delle offese fosse lui e che quella fosse realmente la pagina personale di Rocca, come poi fu dimostrato.

Nell’udienza del 13 maggio, Rocca ha tentato di sviarsela, ribadendo che il destinatorio degli epiteti fosse persona diversa da Caracciolo, ma evidentemente le argomentazioni degli avvocati del presidente nazionale della Croce Rossa non sono state ritenute credibili, tanto da indurre il Gip a disporre il rinvio a giudizio nonostante la richiesta di archiviazione del pubblico ministero.

La battaglia tra Caracciolo e Rocca è tutt’altro che alla fine, essensoci altre denunce ancora in piedi. In considerazione dei tempi della gustizia italiana non resta che restare alla finestra per capire se Caracciolo sia un pagliaccio o se Rocca, oltre ad essere un ex spacciatore di eroina, sia anche un diffamatore da social network.