Si respira aria frizzante in Sicilia dopo che Rosario Valastro, onnipresente Presidente regionale di Cri, ha dato forfait ed ha annunciato ai suoi grandi elettori che non riproporrà la sua candidatura per la poltrona palermitana, capo di una Croce Rossa al centro degli scandali per il mancato introito di oltre sessanta milioni di euro che nemmeno giudizialmente si riescono a recuperare.

I candidati alla sua successione sono tre, ma nessuno dei tre ha appeal sufficiente, né tra gli elettori, che non sono tutti i volontari dell’Associazione, ma solo i Presidenti locali e provinciali, né nei palazzi della politica. Corsato, Principato e Lo Piano non tirano, insomma, e proprio mentre ci leggete, si sta tentando di tirare il bandolo della matassa, convincerne due a ritirarsi e presentare un candidato unitario di bandiera.

Il sistema elettorale in Croce Rossa è alquanto farraginoso e poco rappresentativo. Basti pensare che la candidatura ad un livello superiore di un socio, già eletto presidente o consigliere in data anteriore ad un altro livello, lo fa automaticamente decadere, senza necessità di un risultato favorevole. Poi, come abbiamo già sottolineato, non c’è spazio per le minoranze: chi vince, anche di un solo voto, prende tutto e lascia i dissenzienti a bocca chiusa, particolarmente chiusa visto che poi il sistema gerarchico di controllo funziona solo dall’alto verso il basso, mentre le istanze dei soci, che si sentono vessati, non vengono mai prese in considerazione.

Se non esiste, negli organi collegiali, una minoranza che democraticamente possa esercitare le sue funzioni di sindacato e controllo, la Cri non è un’Associazione democratica. Su questo pare che non ci piova, ma evidentemente il tetto a protezione dei sodali di Rocca deve essere particolarmente costruito bene.

A proposito di Rocca, proprio Rosario Valastro potrebbe insidiare la sua splendida poltrona. Il non candidarsi di Valastro lo rende competitor il prossimo 15 maggio per la carica presidenziale più alta. L’avvocato siciliano, e forse è un caso che eserciti la stessa professione dell’altro, romano, è già membro del consiglio dell’Ente Strumentale e questo potrebbe essere il ticket giusto, la combinazione di valori che lo stratega con i baffi ha già sacramentato in barba a tutti i volontari e che vedrebbe Rocca a capo dell’Ente Strumentale, destinato a durare solo due anni, ma con le proroghe già pronte, e Valastro a capo dell’Associazione, che dipende, per personale e risorse finanziarie, proprio dall’Ente di Rocca.

Anche nel Lazio le cose non vanno meglio. Secondo la pianificazione già concordata, l’immobile Adriano De Nardis doveva correre da solo per una riconferma, scontata ma minacciata dalla presenza, sempre più ingombrante, dell’impenetrabile Flavio Ronzi, che si è fatto costruire un Comitato ad hoc, di caratura regionale, proprio per dare peso ad una poltrona a tre gambe e non rompere altri equilibri. Sembra certa la presentazione di una lista con a capo un emergente, professionista di grande preparazione e molto legato alla politica che conta a Roma. Una candidatura di rinnovamento, con un programma operativo ed inclusivo proprio per rilanciare una Cri che nella Regione Lazio ha perso smalto dopo aver perso appalti e credibilità.

Molte le riunioni che si susseguono nella Capitate e tanti i Presidenti Locali pronti a sostenere con la firma di presentazione il candidato e la sua, sembra, molto preparata squadra di consiglieri. Mentre attendiamo lumi e osserviamo sgomenti lo smantellamento della più grande Associazione di volontariato d’Italia, voi chiamatela, se volete, privatizzazione.