Sant’Agata, santa patrona di Catania, può molto ma non per tutti. Non può soprattutto ascoltare tutte le preghiere degli aspiranti dipendenti della Circumetnea. Nella moltitudine di giovani alla ricerca di un posto fisso sant’Agata, festeggiata proprio in questi giorni nella città dell’Etna, ha esaudito la supplica di Aldo Ronsivalle, aiutato anche dal proprio sindacato di riferimento. Ronsivalle, infatti, da povero ausiliario di manutenzione (parametro 100), dopo essere stato per quarataquattro mesi alle dipendenze della FCE si ritrova in mezzo a una strada. Niente di preoccupante, però, perché la giustizia degli uomini in certe condizioni può almeno quanto quella divina. Il dipendente-disoccupato, infatti, dopo un anno riesce a ritrovarsi ben piazzato in due differenti graduatorie, redatte al termine di due diversi concorsi: operatore di manovra (allegato 1) e operatore di manutenzione (allegato 2).

Dopo tanto pregare, Ronsivalle può coronare il sogno di tutti: il lavoro. È il 2 maggio del 2014. L’ex operaio rientra in azienda con un contratto a tempo indeterminato. Dal suo rientro è passato poco più di un anno (è il 21 settembre del 2015), quando ottiene la nomina a capotreno. Sveste i panni dell’operaio e indossa la più elegante giacca. Una favola dei tempi moderni. I sogni, però, possono svanire in fretta. A rompere le uova nel paniere è un ricorso che mette in discussione il concorso pubblico che Ronsivalle ha sostenuto per avere la possibilità di farne uno interno, anche quest’ultimo all’esame del CGA. Si tratta dell’appello presentato dall’FCE contro la sentenza del TAR di Catania, che ha dichiarato illeggittimi tutti i concorsi interni.

Ronsivalle vede quindi distruggersi sotto i propri occhi un futuro stabile. Con lui, però, sant’Agata ha dato il meglio di sè. Il dipendente decide di perdere lo status di capotreno della FCE a tempo indeterminato, perché per lui è pronta una soluzione svincolata dai due concorsi vinti, però appesi al verdetto dei giudici del CGA. Succede allora, che dopo le dimissioni possa rientrare in gioco scorrendo la graduatoria di operatore di manutenzione. Via di nuovo la giacca per indossare ancora la tuta. Il 30 ottobre compare un ordine di servizio, il numero 89, in cui vengono riportate le dimissioni del capotreno Ronsivalle con decorrenza dal primo novembre del 2015.

La cosa assurda è che con l’ordine successivo, il numero 90 sempre del 30 ottobre 2015, viene stabilito che Ronsivalle torna a prendere servizio come manutentore a far data dal 2 novembre. Una mossa estrema nel tentativo di non restare con un pugno di mosche in mano, nel caso in cui Circumetnea, come si pensa, possa perdere l’appello al CGA e i concorsi vengano giudicati illegittimi e fraudolenti seconto quanto già stabilito dal Tar. Certo, la speranza è che “madre dirigenza” e il papà sindacalista già dipendente della Circumetnea possano farlo risalire sul primo treno utile. In certe condizioni non è vero che il treno della vita passa una sola volta.

All’interno dei sindacati lo scontro è all’ultimo sangue. Dovesse essere rimpiazzato, infatti, non scorrerebbero le graduatorie infarcite di altri nomi da sistemare all’interno di quella che in molti hanno ribattezzato un’azienda a conduzione familiare, senza che Virginio Di Giambattista – nel ruolo di controllore di se stesso – sia mai riuscito a intervenire. La graduatoria di operatore di manutenzione, infatti, tra un anno scadrà e molti figli di padri assunti nella Circumetnea rischiano di non potersi sistemare come in tanti hanno fatto prima di loro in passato.

L’idea – perché quelle non mancano mai – è quella di creare una squadra muratori. In questo modo sarebbero liberati due posti, oppure creare un altro cantiere da affidare a una squadra di manuitenzione dedicata alla metropolitana. Assurdità di un’Italia che piange miseria, considerando il fatto che già molti manutentori non hanno un gran che da fare. Per chi avesse memoria corta, ricordiamo che Di Giambattista replicando su Live Sicilia, dichiarava di aver trovato al suo arrivo una situazione “non rispondente al personale in servizio, con un consistente numero di lavoratori con contratto a termine, fino ad un massimo di 110 unità lavorative, addetti che in alcuni settori erano in numero ben superiore a quello massimo previsto ed una pressante richiesta di stabilizzazione che, così come dimostrerà il contenzioso che in alcuni casi ne è scaturito, non era ricevibile” .

Contrariamente a quanto dichiarato il personale negli uffici è triplicato, così come sono aumentati i funzionari con compiti non del tutto definiti. C’è una grande confusione. La speranza è quella che la Procura possa chiarire i tanti quesiti ancora senza una risposta convincente.