Prima banalissima domanda: Luce è il tuo nome vero o è un nome d’arte?
“Che brutta domanda – ride – Il mio vero nome è Lucia però in famiglia ce ne sono tante, per cui ognuna ha un nomignolo diverso: Luciana, Licia, a me è toccato questo”.

Tu non lo volevi…
“Mi piace invece, sono cresciuta come Luce, a volte tendo anche a firmare così, devo fare mente locale per non sbagliare”.

Una volta tanto, dietro lo pseudonimo c’è solo una questione di praticità…
“In effetti sarebbe stato più bello se fosse stato legato alla luce, a una simbologia magari – scherza – ma è solo per non creare confusione a casa”.

Suoni chitarra e pianoforte, eppure dici di non aver mai studiato musica. Sembra una contraddizione…
“È vero – ammette – è una contraddizione. All’età di otto anni mi hanno regalato una tastiera e ho cominciato a scrivere le prime cose, successivamente me ne hanno regalata un’altra e poi, a quattordici, è arrivato il pianoforte. Non avendo mai studiato musica, sono sempre andata ad orecchio; appena sento una cosa, riesco a riprodurla immediatamente. Non so come sia possibile, non ci sono musicisti in famiglia. Ho iniziato a scrivere perché a parole non sono brava, se devo cantare va bene, ma quando si tratta di spiegare una cosa ci impiego tre ore. Con la chitarra è la stessa cosa, quando me l’hanno regalata mi sono fermata allo studio del giro di Do, poi ho iniziato ad inventare gli accordi per conto mio, ben sapendo che esistevano già. Oggi questo è un problema secondo me, perché se decidessi di studiare musica, incontrerei parecchie difficoltà”.

Il fatto di non aver studiato potrebbe essere un vantaggio, secondo te,  consentendoti una maggiore liberà di espressione non condizionata dalla tecnica e dalla teoria?
“Io mi reputo una persona fortunata, conosco tanta gente che studia musica, ma non riesce a scrivere canzoni. A me viene naturale, se sto mangiando o sto facendo qualcosa, mi fermo un attimo, e in un tempo lungo quanto la durata della canzone, l’ho bella e finita. In questo senso non so quanto possa essere utile studiare se vuoi scrivere, è una cosa che deve partire da dentro, non puoi programmarlo, non riesco a capire chi scrive a tavolino. Sia chiaro, ognuno può fare quello che vuole, semplicemente a me non è mai capitato. Prendi Controluce, per esempio, il singolo dell’ep, ero a pranzo con i miei genitori in soggiorno, dove c’è il pianoforte, a un certo punto mi sono fermata, ho mandato via tutti e l’ho scritta così, praticamente nello stesso tempo che ci impiego a cantarla. Poi ho capito perché è nato il pezzo, certe cose non le capisco subito, le canzoni devo rileggerle, ragionarci su, devo cantarle”.

A casa non ti amano tanto quando hai queste uscite…
“In realtà fa piacere, se prima di un concerto avviso mia madre che suonerò un pezzo nuovo, lei mi corregge sempre: «Macché nuovo, io l’ho già sentito mentre lo scrivevi», mi dice”.

Prima dar vita al tuo progetto solista, hai fatto parte di una band. Come mai il gruppo si è sciolto se si può dire?
“Ci sono state delle incomprensioni tra i musicisti della band. Sono entrata nel gruppo per sostituire una cantante, era un progetto che non sentivo mio non portando pezzi scritti da me. La mia intenzione non era cantare e basta, io devo dire qualcosa”.

Quindi senti molto questo tuo essere cantautrice…
“Sì. Nella vita di tutti i giorni sono completamente diversa da quella che vedi sul palco, molto spesso sono la simpaticona della compagnia. Quando salgo sul palco ti sto dando qualcosa di mio e allora non scherzo più”.

Ritieni comunque utile quella esperienza nel tuo percorso musicale?
“Con loro abbiamo provato tanto, anche se alla fine c’è stato un solo live, comunque ho potuto confrontarmi con altri musicisti e capire come funziona una band, anche se obiettivamente è durata poco. Poi è iniziato il mio progetto solista che è una cosa diversa, non è un gruppo. Devo ringraziare i musicisti che suonano con me, quando arrivo con un pezzo nuovo, proviamo gli arrangiamenti tutti insieme, per cui senza di loro non ci sarebbero i mie brani”.

Stai suonando sia in elettrico che in acustico, con formazioni musicali diverse. Perché?
“Alcuni musicisti che suonano con me non sentono il bisogno di suonare in acustico, preferiscono concentrare le energie nella versione in elettrico. Nel progetto in acustico ho voluto inserire una seconda voce, dà un effetto diverso, riempie maggiormente le canzoni, cosa di cui non c’è bisogno in elettrico per via degli strumenti e dei vari effetti”.

Hai vinto un contest per voci nuove in cui i concorrenti vengono giudicati da una giuria tecnica ed una popolare, cosa pensi allora dei talent show?
“Non sono favorevole a questi programmi, semplicemente perché non sono una cantante, ma una cantautrice. Quando sei sul palco devi avere i capelli in certo modo, un tipo di abbigliamento, devi essere un personaggio e io non lo sono. In questo senso mi diverto molto, prima indossavo qualsiasi cosa mi capitasse a tiro, non mi truccavo affatto, ora senza trucco non mi ci vedo – ride – ma sono sempre io. I personaggi che vedo in televisione sono tutti molto simili, omologati, nonostante ce ne siamo diversi molto bravi, però con i talent show o ti va bene oppure ti bruci, Se non vinci, se non ti va bene, non hai più modo di recuperare. Non voglio partecipare ai talent, adesso voglio fare la mia gavetta, vedere come va, voglio contare su me stessa, sulla mia band, su quello che posso dare”.

Spesso il meccanismo è più o meno lo stesso, c’è una giuria tecnica e una popolare che si esprimono, e molto spesso il vincitore è decretato dal pubblico…
“È vero, però il discorso è diverso, perché non ci sono i media, non ci sono vincoli, se vinci un contest non è detto che tu non possa partecipare ad un altro. Nei talent no, se la prima volta ti va male non puoi farne più, ormai la gente ti ha visto, sei un personaggio pubblico”.

Quindi, contest sì talent no…
“Esatto. Qualche anno fa ho partecipato ai provini di X-Factor, e già dalle selezioni la cosa non mi piaceva, mi sono resa conto che è tutto calcolato. Recentemente mi hanno chiamata per partecipare ai provini, ho detto di sì, ma poi non ci sono andata”.

Hai aperto il concerto di Giuliano Palma, ricordi le sensazioni che hai provato rispetto agli altri concerti?
“Contrastanti, perché quella sera ho dovuto cantare su base. È andata bene, ho tenuto il pubblico, però l’ho sentita coma una cosa molto più fredda, ho bisogno di sentire lo strumento, di avere il musicista accanto, anche se sbaglia sono molto più contenta rispetto al cantare sulla base. È stata certamente l’apertura più importante finora…”

Non è proprio l’ultimo degli arrivati insomma…
“…Sì infatti, ero emozionatissima, è stata una cosa bellissima, del tutto inaspettata, però non è mi è piaciuto cantare senza i musicisti, loro sono parte integrante del mio progetto. Punterò i piedi per portarmeli ovunque”.

Hai realizzato un EP, “Controluce”, qual è il prossimo passo adesso?
“Registrarne un altro – ride di gusto – è stata la mia prima esperienza in studio, dopo una lunga giornata di lavoro, per cui avrei potuto dare certamente di più. Non ce l’ho fatta, ero distrutta. Terrò alcune canzoni, registrate in parte con altri musicisti, sto pensando di registrarne degli altri,che abbiamo arrangiato, e di portare avanti il progetto sia in elettrico che in acustico. E poi concorsi”.

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Line up

Luce, chitarra acustica, pianoforte, musica, voce e testi
Davide Fumai, tastiere e pianoforte
Luca Diana, chitarra acustica ed elettrica
Davide Montagna, chitarra classica
Saverio Pastore, seconda voce e percussioni
Francesco Piro, basso
Michele Leonetti, batteria

Fotografie di Giovanna Mezzina: