L’infermiera abbassa la voce quando spiega alla paziente che non è l’ospedale a mandare a casa il presonale per i prelievi di sangue, ma al costo di 20 euro qualcuno che vada a domicilio si trova. Siamo nella sala d’attesa del reparto di Emofilia del Policlinico di Bari. Il video è stato girato l’estate scorsa da qualcuno che evidentemente conosceva bene la prassi, denunciata da almeno un decennio, senza che nessuno finora sia mani intervenuto.

Il bubbone prima o poi sarebbe esploso, così è stato. Il video è di strettissima attualità all’indomani del blitz dei Carabinieri del Nas all’alba di martedì scorso. I militari hanno sequestrato alcune provette, con il sangue prelevato dai pazienti prima che gli operatori timbrassero il cartellino in ospedale. L’infermiera ripresa nel video non si fa troppi scrupoli a precisare la tariffa di 20 euro, nonostante la sala sia piena e ad ascoltarla possa essereci chiunque.

Il giro dei prelievi in nero, per arrotondare lautamente lo stipendio da infermiere, sarebbe stato negli anni di alcune centinaia di miglia di euro. Gli affari sarebbero stati tanto floridi da coinvolgere colleghi di fiducia in altri reparti. Decine di “visite” al giorno, tutte al costo di 20 euro. L’affare dei prelievi extra è esploso al Policlinico, ma in tutto il Barese, sono tanti gli infermieri di altri ospedali ad offrire lo stesso servizio.

I più economici non chiedono più di 10 euro – e per questo vengono accusati di svendere la professione -, soprattutto se il cliente è abituale, come può esserlo un assuntore di cumadin. Venti euro se è necessario attaccare una flebo per una qualsiasi terapia. Flebo che in molti casi il paziente o un suo parente, deve staccate in autonomia, perché l’infermiere è impossibilitato dovendo iniziare a lavorare in ospedale.

Se poi manca l’ago cannula, nessun problema, si provvede con 5 euro. Chissà se anche siringhe, aghi, flebo e altri dispositivi non siano quelli sottratti al Servizio Sanitario Regionale, che i cittadini pagano quindi due volte a quanti, negli anni, sono riusciti ad accumulare enormi tesoretti. Il cartello degli infermieri “sanguisuga” ha finito per drogare il mercato. Molti dei loro pazienti, infatti, sono stati sottratti nel tempo alle cooperative che si occupano di fornire questo genere di prestazioni, mandandole in sofferenza. Qualcuno di loro, prima del posto fisso, lavorava proprio in quelle cooperative. Il lavoro in nero degli infermieri si alimenta col passaparola e con l’attività di promozione privilegiata, a maggior ragione se effettuata nel reparto di Emofilia del più grande ospedale della Puglia o in qualsiasi altro ospedale.