Risparmia migliaia di euro per non gravare sulle casse pubbliche, ma la Asl di Bari gli blocca un rimborso di 65,55 euro dopo sei anni di controlli all’Istituto Oncologico di Milano. La legge, in questo caso la 25 del 1996 che consente un risarcimento ai trapiantati costretti a farsi curare fuori dalla Puglia, non ammette ignoranza.

È vero, ma nell’assurda storia di Mino Balestra, 66enne barese, viene fuori che la burocrazia e certi burocrati sono il vero cancro della società e del sistema sanitario nazionale e regionale. Un sistema che ammette e accetta i bari, ma penalizza gli onsesti. A novembre del 2011 Balestra viene operato per un tumore alla lingua e sottoposto ad un autotrapianto. In sostanza i medici gli ricostruiscono il muscolo compromesso prendendone un pezzo dal quadricipite.

Da quel momento il paziente e l’accompagnatore previsto dalla legge, si recano quattordici volte nel capoluogo lombardo. Formalmente si può usufruire di un rimborso massimo fino a di 2.000 euro euro per ciascun controllo, nel periodo compreso tra il giorno prima della visita e il giorno dopo. Tre in tutto. Un rimborso ripartito in questo modo: 150 euro per l’alloggio, 80 euro a testa per il vitto e poi il trasporto per la restante parte (auto, pullman, aereo, treno).

Balestra, però, ha il figlio che vive vicino l’ospedale e quindi si fa ospitare da lui, senza mai approfittare della situazione, nonostante per ora campi con 546 euro di pensione minima sommata a quella ancora più bassa percepita dalla moglie. Al rientro dall’ultimo controllo, l’autotrapiantato presenta scontrini e ricevute per un totale 379,43 euro. I conti questa volta, però, pare non tornino. L’uomo viene mandato da un ufficio all’altro, è chiamato telefonicamente da un funzionario, chiede spiegazioni al direttore generale della Asl di Bari e prima di lui alla responsabile del distretto di appartenenza.

Alla fine della fiera, con una raccomandata ricevuta un mese dopo la richiesta, scopre formalmente che gli saranno concessi 313,88 euro. Tra gli scontrini contestati anche quello del parcheggio a pagamento dell’ospedale in cui si sottopone alle visite di controllo; in parte la banzina utilizzata per lo spostamento da casa del figlio. Non solo. Niente rimborso neppure per lo scontrino da 16,53 euro del supermercato. Tutto questo perché le date non corrispondono con quelle dei tre giorni previsti per il controllo e nonostante Balestra nel periodo in questione non presenti alcuna ricevuta per albergo e ristorante.

Eppure il paziente si era ritrovato a Milano qualche giorno prima non solo perché aveva prenotato i voli in netto anticipo, tanto da risparmiare e approfittando dell’ospitalità del figlio, ma anche perché rimane un breve lasso di tempo oltre quello della visita nel caso di complicanze. Non c’è stato verso.

La cosa buffa è che la somma dei 5,20 euro pagati dalla Asl per la raccomandata inviata a Balestra, unita alla paga oraria dei dipendenti pubblici impegnati nella verifica degli scontrini, è stata certamente superiore alla cifra non rimborsata. In fin dei conti, pur la legge non ammettendo ignoranti sarebbe bastato (lo dicono gli stessi dipendenti), che il dirigente avesse determinato, in considerazione del comportamento virtuoso dell’uomo, il riconoscimento di quei 65,55 euro.

A maggior ragione se, per ammissione ancora una volta degli stessi dipendenti, ci sono pazienti che presentano una marea di scontrini, anche da 80 euro per il pranzo in un ristorante alle ore 12, con volo di ritorno a Bari alle ore 13. Balestra in ogni caso ha rifiutato di andare a fondo e magari tentare di recuperare quella ciffra, ma attraverso la denuncia della sua storia vuole sollevare le assurde prassi che fanno perdere vagonate di soldi pubblici e di tempo. “Sono sempre più convinto che faccia bene chi bara – spiega amareggiato il paziente – Anche nel modo di porsi nei confronti dei pazienti, molti dipendenti pubblici hanno un sacco di strada da fare. Potrebbero iniziare a mettersi nei nostri panni”.

La domanda sorge spontanea: se in passato Balestra ha presentato scontrini per spese analoghe e sempre per periodi al di fuori dei tre giorni canonici, ricevendo un rimborso, come vengono effettuati in controlli? E perché questa volta è stato applicato tutto questo zelo? Del resto, c’è sempre il caso limite, avvenuto in un altro distretto due anni fa, quello dell’impiegato che suggerì al parente di un’altra trapiantata, purtroppo deceduta, di maggiorare la fattura del trasporto a Bari del feretro (fino a 3mila euro), come risarcimento degli scontrini a suo dire ingiustamente non rimborsati. E poi c’è il piano di riordino ospedaliero.