«Vorrei capire chi o cosa è stato. Come si fa a ridurre una persone di 35 anni in questo stato. Fossero intervenuti quattro mesi fa, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente». Questo ci diceva qualche giorno fa Michele, 38 anni, quando lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia. La moglie, Iolanda Langianese, era ricoverata in gravissime condizioni nel reparto di rianimazione del Policlinico di Bari. Oggi è morta.

Aveva 35 anni, era ipovedente, immunodepressa, aveva subito l’asportazione di utero e ovaie per un carcinoma, era affetta da citomegalovirus, linfangite agli arti inferiori e aveva subito una nefrostomia al rene destro. Per farla breve, il suo stato di salute era fortemente compromesso.

Stante questa situazione, quattro mesi fa la sua situazione è peggiorata ulteriormente, ha cominciato a subire frequenti scariche di diarrea, con perdita di sangue e liquidi. Da quel momento è iniziata un’odissea. Per cercare di capirci qualcosa Michele, ci ha raccontato lui stesso, l’ha portata all’Istituto di Medicina Interna “Baccelli” al Policlinico di Bari, dove ogni mese Iolanda si recava per una terapia a base di immunoglobuline, ma qui l’amara sorpresa.

«Forse l’hanno sottovalutata, non lo so, ma anzi che ricoverarla l’hanno rimandata a casa perché hanno detto che non c’era posto e che l’avrebbero richiamata non appena se ne fosse liberato uno».

Ma più i giorni passavano e più Iolanda peggiorava. Ciò nonostante, ogni mese tornava per seguire la terapia con le immunoglobuline, continuando a star male, e chiedendo aiuto, ma il posto letto per lei ancora non c’era, fino a quando, a metà luglio, è arrivata finalmente la chiamata dal Policlinico. Per Iolanda, ormai in condizioni pietose, si sono finalmente aperte le porte dell’Ospedale ed è stata ricoverata.

Per soli sette giorni però: «Dopo una settimana l’hanno dimessa dicendo che avrebbe dovuto fare una visita chirurgica specialistica esternamente. Tramite conoscenze, non mi vergogno a dirlo, sono riuscito a farla visitare al Di Venere. Una visita che non serviva, secondo il chirurgo. A quel punto, da ignorante della materia, l’ho portata anche da un gastroenterologo che l’ha vista ed è stato chiaro. Mia moglie doveva essere assolutamente ricoverata».

Quando per l’ennesima volta tornano per la terapia, il posto letto per ricoverare Iolanda ancora non c’era, e loro nuovamente se tornarono a casa. Il giorno dopo, quando un infermiere andò a casa loro per praticare una flebo, trovò Iolanda praticamente esanime nel letto. Da lì la corsa al Pronto Soccorso, la sala rossa, le cure dei medici, gli antibiotici.

Iolanda venne portata in rianimazione con un arresto cardiocircolatorio, ci dice Michele, i medici dovettero ricorrere al coma farmacologico per poi trasferirla nuovamente a medicina interna. Un lieve miglioramento delle sue condizioni, però, non è bastato. Iolanda non c’è più e Michele adesso vuole capire come sia stato possibile.

Noi, naturalmente, siamo a disposizione del Policlinico, del direttore generale Vitangelo Dattoli, del personale sanitario del reparto di Medicina Interna “Baccelli” e di chiunque abbia da dire qualcosa su questa vicenda.