La morte, a maggior ragione quando ti strappa un figlio dal cuore e te lo sbatte tutti i giorni nella testa, non dà scampo. Sei anni fa, il 17 maggio del 2010, ad Herat, in Afghanistan, moriva Luigi Pascazio. Un ragazzo della provincia, come tanti. Aveva solo 25 anni e una passione per la divisa ereditata da papà Angelo, un poliziotto. Per quella divisa, per la nostra bandiera, è morto.

Luigi è saltato in aria come tanti altri italiani partiti con il sogno di un futuro migliore e animati da certi princìpi. La guerra, anche quando è una missione di pace, è pur sempre una guerra e mette gli uomini gli uni contro gli altri. Ci si ammazza, ma a leggere le carte delle due inchieste civili e militari aperte sulla strage, il tarlo che si sarebbe potuto fare di più per tutelare Luigi e tutti gli altri soldati impegnati nelle zone calde del mondo, ti assale. C’è poco da fare.

A leggere quelle carte ti rendi conto che anche il sacrificio per la Patria non ha per tutti lo stesso valore. Non a tutti viene data la stessa medaglia, quasi come se non tutte le guerre fossero uguali e se morire in un contesto o in un altro possa fare qualche differenza. Bitetto continua a ricordare il suo Luigi. Un momento di preghiera al cimitero, la marcia della pace con i bambini delle scuole cittadine, la deposizione della corona d’alloro e la Santa Messa.

Ci uniamo alle parole del sindaco di Bitetto: “Pur impegnandoci non potremo mai capire il vostro dolore. Non potremo capirlo, ma rispettarlo”. Negli occhi di papà Angelo, mamma Maria e delle sorelle, oggi soldatesse anche loro, Marinella e Valentina, si vedono chiaramente quel dolore e l’orgoglio. Addio Luigi, questo video è il nostro modo per non spegnere i riflettori sulla tua storia, che poi è quella di tanti, troppi figili dimenticati di questa Italia distratta.