«Il malato è grave, ma stazionario. Staremo a vedere cosa succede nelle prossime 48 ore». A voler utilizzare una delle frasi più abusate dai medici potrebbe essere questa la prognosi ancora riservata dei pronto soccorso degli ospedali baresi. Il guaio è che da anni nei due giorni dopo il ricovero non succede niente. Cambiano i dirigenti e gli assessori, ma il malato è sempre grave. Seppure la sofferenza dei nosocomi riguardi l’Italia intera, non c’è da essere ottimisti. Le fotografie si riferiscono a una giornata di ordinaria follia nel pronto soccorso del Policlinico di Bari. «Non c’è da meravigliarsi – spiega il coordinatore Francesco Stea – ogni giorno i sei box della sala rossa sono pieni, ognuno con un paio di persone. Capita di avere contemporaneamente fino a 18 pazienti gravi». La situazione peggiora con il passare del tempo perché la richiesta di salute è aumentata a dismisura, le strutture territoriali non sono abbastanza. Se poi ci aggiungete la mancaza di un’adeguata assistenza domiciliare, ecco spiegato il patatrac.

Il signore con la mano fasciata seduto sulla sedia a rotelle aspetta un posto letto dalle 9 del mattino. La foto ci è stata inviata alle 16.30. Il ragazzo sdraiato sulla barella, invece, ha una broncopolmonite. Anche lui aspetta un letto da ore. «Qualche volta – tuona Stea – veniamo accusati di non voler ricoverare. Pensate che preferisca avere dieci pazienti in reparto, o venti loro parenti dietro la porta a rendermi la vita e il lavoro impossibile? Vi assicuro che se dipendesse da noi non arriveremmo a questo punto. Su una cosa potete stare certi, lavoriamo per gravità non certo preoccupati dalle intimidazioni di chi fa la voce grossa». I vastasi e gli arroganti, a differenza dei posti letto, non mancano.

Mentre scriviamo c’è ancora chi aspetta e bestemmia in attesa di un letto. Quasi certamente resterà ricoverato nella sala rossa, quella in cui vengono gestiti con infermieri, medici e terapie necessarie i pazienti, proprio come fossero in reparto. Sempre meglio, molto meglio, che restarsene su una barella in qualche corridoio. Cosa che succede, meno puntualmente del sovraffollamento dei pronto soccorso, ma succede. Ovviamente in mezzo a quella bolgia non sono mancati momenti di tensione, con parenti esausti certi di aver subito un torto dal solito amico del potente di turno.

«A dirla tutta – continua il coordinatore del pronto soccorso del Policlinico – il 2 febbraio, di ritorno da un convegno, ho trovato la sala rossa piena. Il 50% dei ricoverati erano pazienti dimessi da diversi reparti il giorno prima». Non mettiamo in discussione la competenza dei medici – ci mancherebbe – ma la circostanza fa certamente riflettere. Da una settimana il ministero della Salute monitora il tempo del ricovero. L’arrivo del paziente viene comunicato nel sistema informatizzato in cui, successivamente, viene anche inserito il momento in cui viene consegnato il letto. Speriamo servano a qualcosa queste statistche, magari a rendere meno gravi le consizioni stazionarie dei nostri ospedali. Per il momento succede che il pronto soccorso stabilisce la necessità del ricovero, ma sistematiamente manchi non si sappia dove.

E allora che succede? Non ci sono alternative: la sala rossa viene usata come fosse un reparto e il trattamento d’urgenza può protrarsi fino a due giorni. Tre nei casi limite. È stata persino inserita una nuova voce nel Sistema Informativo della Sanità pugliese, quello denominato Edotto. In attesa di tempi migliori non resta che starsene pazienti al capezzale dei nostri ospedali, sperando non arrivi un collasso irrimediabile.