«Scooope, Iamm la scop. Abbiamo la scopa col pennacchio. Ombrelliii». Non è la voce di sempre. Vuol dire che i venditori di scope sono tanti. Mi vesto in fretta e corro in strada per incontrare l’abusivo. Non è un nordafricano o uno scappato chissà da quale altra parte del mondo. Si chiama Nicola e arriva da Bisceglie. È uno di quelli contro cui si scagliano, ogni volta che bisogna puntare il dito contro qualcuno, i garantisti dello scontrino. Senza pensare che molti di loro sono i primi a dimenticare spesso di avercelo un registratore di cassa. A Bari, per esempio, c’è un bar in cui in un’ora e mezza si servono più di 200 caffè, insieme a poco meno di una decina di scontrini (non facciamo nomi – pur avendolo accertato personalmente – perché non vogliamo far danno a nessuno).

Effettivamente niente scontrini, ma la cosa curiosa è che quel venditore non è uno sprovveduto. Per una vita intera ha venduto le sue mercanzie ai mercati e alle fiere di paese, in lungo e in largo per la Puglia, spesso ben oltre i confini regionali. Solita levataccia nel cuore della notte, prepara il furgone, arriva a destinazione, monta la bancarella, sfiatati con la signora dal portafoglio vuoto, smonta la bancarella. E lo devi fare sempre e comunque, quando piove o se fa caldo. In alternativa niente guadagno, al contrario di tasse e balzelli, quelli li devi pagare sempre e comunque.

A un certo punto capisci che le spese sono più di quello che riesci a racimolare durante la giornata, che non sempre puoi mettere qualcosa in tavola, perché c’è il mutuo di casa, la rata del furgone, ci sono le bollette, i figli da mandare avanti. Ti rendi conto che la crisi ha colpito anche te. A quel punto che fai per sbarcare il lunario? Hai due possibilità: piangerti addosso o tentare di reagire. Certo, non hai molta scelta. Devi arrangiarti. Nel caso di Nicola vendi scope.

Parti tutti i giorni da Bisceglie e arrivi in provincia di Bari. Non paesi scelti a caso. Vai in quelli più piccoli, dove ci sono più anziani e massaie. Percorri almeno 15 chilometri a piedi. Noi lo abbiamo intercettato a Sannicandro, ma avremmo potuto sentire la sua cantilena a Bitritto, Binetto, Toritto, Bitetto, Grumo, Palo del Colle. Un paio di giorni a paese, poi il giro ricomincia. Per cosa? Per vendere scope e ombrelli. Cinque euro al pezzo. Se ne prendi tre solo dieci euro.

In una giornata fortunata ne piazzi fino a 35, ma bisogna togliere i soldi della benzina, quelli che servono per comprare il materiale. Alla fine una 30ina di euro «per far andare avanti la baracca». Nicola ci sa fare, è uno di quelli bravi. Eppure per lui, cinquantenne, non c’è spazio altrimenti. Ha provato a fare altro, ma continua a vendere scope e dovrà farlo chissà per quanto altro tempo. La domanda alla quale non sono riuscito a darmi una risposta, però, è sempre quella: le ragioni della crisi possono essere addebitate a Nicola e a tutti gli altri che, per non morire di fame «ed evitare di fare qualcosa di peggio», vendono la propria merce?