La dermatite polimorfa solare, o lucide polimorfa, o polymorphous light eruption (PLE), così detta per la varietà delle possibili manifestazioni cliniche, è una patologia fondamentalmente benigna, caratterizzata da una elevata sensibilità alle radiazioni ultraviolette solari (RUV). In Europa la PLE colpisce dal 10 al 18% della popolazione (prevalentemente) di sesso femminile e di pelle chiara, in età compresa dall’infanzia all’età adulta ma con un picco di frequenza maggiore tra i 20 ed i 30 anni. La dermatite è piuttosto rara nel caso di pelle scura e nelle popolazioni di colore.

Condizione favorente, secondo alcuni autori (ma i dati sono da confermare), sarebbe il fumo di oltre 15 sigarette al giorno, mentre una idratazione adeguata mediante l’assunzione di liquidi ne ostacolerebbe la comparsa. La familiarità è eccezionale.

La dermatite generalmente si manifesta in primavera – inizio estate dopo qualche ora o qualche giorno dalle prime esposizioni al sole (soprattutto se intense) con la comparsa improvvisa nelle sedi fotoesposte di lesioni che possono avere aspetto differente tra i diversi pazienti, ma che mantengono le stesse caratteristiche nel singolo soggetto. Possibile, ma infrequente, l’eruzione in inverno dopo esposizione alle radiazioni solari riflesse dalla neve.

Nella forma più frequente la PLE si presenta con l’aspetto di papule, generalmente di piccole dimensioni, a volte sormontate da una piccola vescicola, su una base rossastra. Possibile, ma non costante, la presenza di prurito di intensità variabile da soggetto a soggetto. Seconda per frequenza la presentazione in forma di placche rossastre, rilevate sul piano cutaneo, simili a pomfi di orticaria, isolate o confluenti tra loro, localizzata quasi esclusivamente al volto. In questi casi la dermatite va posta in diagnosi differenziale con il lupus eritematoso subacuto. Altre forme cliniche di PLE, più rare ma possibili, sono quelle a tipo eritema polimorfo con lesioni che presentano un aspetto a coccarda, le forme emorragiche, le forme tipo puntura d’insetto, le forme con aspetto e dimensioni a testa di spillo.

Se non seguita da nuove esposizioni solari, la dermatite regredisce spontaneamente in 1 -10 giorni (più spesso 2-3) senza lasciare alcuna traccia. Nel corso della stessa estate, con il ripetersi delle foto esposizioni, l’eruzione tende progressivamente a ridursi mano mano che compare l’abbronzatura. Nelle estati successive la dermatite generalmente tende a ripresentarsi , a volte anche con un andamento ingravescente, per diversi anni per poi risolversi spontaneamente.

Il grattamento intenso e persistente può provocare la comparsa di ispessimento cutaneo (lichenificazione), di squame, di cicatrici.

Gli aspetti patogenetici sono ancora poco e male conosciuti. Si ritiene che le RUV liberino mediatori chimici del prurito e/o che vi sia una resistenza della cute all’immunodepressione indotta dalle radiazioni ultraviolette che permetterebbe una risposta allergica di tipo ritardato (cellulomediata) a fotoantigeni sconosciuti.

La diagnosi si basa generalmente sui dati anamnestici che escludano fattori causali quali l’assunzione di farmaci (tetracicline, alcuni tipi di antistaminico, pillola anticoncezionale, ecc.) e sull’osservazione clinica. Le indagini biochimiche e strumentali nella PLE sono negative e possono risultare utili solo per le diagnosi differenziali; la determinazione della dose minima eritema (DEM) ed i foto-patch test sono negativi, mentre la stimolazione mediante radiazioni ultraviolette di tipo A (400-315 nm) di zone di cute normalmente esposte, purché non abbronzate, è generalmente positiva.

La dermatite polimorfa solare va posta in diagnosi differenziale con l’orticaria solare, la dermatite allergica da contatto, la fotodermatite allergica da contatto, la dermatite fototossica, la prurigo attinica, l’hydroa vaccini forme. Soprattutto le lesioni del volto, come già detto, vanno poste in diagnosi differenziale con il lupus eritematoso cutaneo subacuto e con il lupus eritematoso discoide. Patologie di ben altra importanza, che richiedono quindi la consulenza di un esperto dermatologo.

Circa il trattamento, nelle forme acute, spesso è sufficiente l’utilizzo di prodotti cortisonici locali, a volte è utile l’assunzione di antistaminici per sedare l’eventuale prurito, piuttosto rara la necessità di ricorrere a brevi trattamenti cortisonici per via generale. Gli schermanti solari possono rivelarsi utili a patto che si utilizzino prodotti ad altro fattore di protezione, e che questi vengano applicati almeno mezz’ora prima dell’esposizione, in strato non troppo sottile (2mg per centimetro quadrato), e vengano regolarmente reapplicati ogni 2 ore e dopo il bagno o la doccia. L’utilità della preparazione preventiva (1-2 mesi prima del’estate) mediante assunzione di nicotinamide e/o carotenoidi non trova parere univoco nella letteratura internazionale. Gli antimalarici di sintesi sembrano dare buoni risultati, ma vanno assunti sotto stretto controllo medico per i possibili, non trascurabili, effetti collaterali. Come seconda linea di intervento può essere considerata la fototerapia mediante trattamento PUVA o, oggi si preferisce, UVB a banda stretta (311-313 nm).

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Specialista in Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse ed in Allergologia e Immunologia Clinica Primario Dermatologo dell’Osp. Casa Sollievo della Sofferenza- Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di San Giovanni Rotondo (FG) dal 1/10/1980 al 31/05/2006. Docente a Contratto presso le scuole di Specializzazione in Dermatologia delle Università: Cattolica del Sacro Cuore di Roma, G.D’Annunzio di Chieti , A.Moro di Bari dal 1984 al 2006 Presidente Emerito dell’Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani (ADOI) Autore di oltre 300 tra pubblicazioni ed abstract di relazioni tenute in numerosi congressi nazionali ed internazionali della specialità, coautore di 6 ed editor di 4 volumi di dermatologia. Socio di numerose società scientifiche italiane ed internazionali tra cui American Academy of Dermatology, European Academy of Dermatology, SIDEMaST, ADOI, ecc.