Torniamo sui finanziamenti alle piccole e medie imprese come piacerebbe a Patrizia del Giudice, presidente della Piccola e Media industria di Bari, e non solo a lei. Un esempio di qualche anno fa di come andrebbero gestite le risorse per le aziende, fornitura di servizi calibrati all’esigenze delle aziende in sostituzione di finanziamenti.

Un episodio che mi ha riguardato professionalmente. Qualche anno fa una azienda dopo alcune vicende negative di ordinaria burocrazia decide di impiantare un nuovo stabilimento per un prodotto nuovo. Dopo una analisi solo di qualche minuto viene individuato un comprensorio oggetto di agevolazioni.

Contatto il “Comitato di gestione del comprensorio” che mi chiede il Business Plan ed alcune note sul prodotto. Dopo qualche giorno vengo contattato telefonicamente dal direttore del comprensorio e mi viene fissato un incontro con un comitato di aziende del comprensorio per verificare se ci sono possibilità di sinergie.

Il direttore del comprensorio aveva già incaricato un professionista per una sorta di asseverazione del progetto industriale ed aveva incaricato l’Università vicina per una ricerca di mercato sul prodotto. Dopo meno di una settimana il direttore aveva contattato un istituto bancario che avrebbe finanziato il capitale di esercizio e sarebbe intervenuto sul capitale sociale.

Come contropartita la banca avrebbe avuto statutariamente un ruolo nel consiglio di amministrazione, l’azienda non avrebbe ripartito utili per i primi 5 anni e dopo tre anni i soci avrebbero potuto riacquistare le quote sociali della banca senza sovrapprezzo. Come agevolazioni finanziarie l’azienda avrebbe avuto un finanziamento per ogni assunzione pari ai primi tre anni di retribuzione a tasso zero. Se le assunzioni riguardavano lavoratori in cassa integrazione il finanziamento sarebbe stato a fondo perduto.

La settimana successiva ricevevo le telefonate dei sindaci dei comuni del comprensorio che avrebbero concesso all’azienda i capannoni completi già con le autorizzazioni amministrative e l’impiantisca necessaria. L’azienda avrebbe dovuto pagare al comune per i primi 3 anni un affitto che sarebbe andato in acconto ad un eventuale acquisto.

In più alcuni sindaci erano in grado di concedere l’esenzione delle tasse comunali per i primi 5 anni. Tutto bello e tutto vero. Purtroppo però il comprensorio era in Francia, il Comitato era il “Comitè d’Expansion Economique“ du Puy de Dome ed i sindaci erano sindaci di comuni francesi. Ulteriore dettaglio. Una azienda del luogo in crisi avrebbe dato la disponibilità del proprio personale per alcune innovazioni tecniche e di controllo di gestione.

Infine una chicca. Ad una azienda che aveva già superato l’istruttoria durante la mia permanenza, viene revocato il finanziamento perché si scopre che aveva presentato il progetto in quel comprensorio, ma intanto con diversa ragione sociale stava liquidando un azienda simile in un altro luogo.