“Questo parco non s’ha da fare”. A parlare non sono i famosi bravi di Don Rodrigo, ma i cacciatori del sud-est barese che si oppongono alla creazione dell’ormai famigerato “Parco Lama San Giorgio”. Il motivo? Evitare uno spreco di soldi pubblici e un’altra invasione di cinghiali.

A detta di associazioni di caccia e semplici cittadini, infatti, questo sarebbe solo l’ennesimo “carrozzone” che farebbe la felicità di qualche politico e dei simpatici animali che ormai quotidianamente fanno visita al quartiere San Paolo e si stanno spingendo in zone sempre nuove della città mentre il piano di cattura organizzato dalla Regione sarebbe inutile perché “i cinghiali vengono ammazzati lo stesso”.

La lama Il parco sarebbe realizzato lungo una delle strutture tipiche del territorio barese: un’incisione di origine fluviale che parte dal Monte Sannace (Gioia del Colle) e scorre verso nord attraversando i territori di Sammichele, Turi, Casamassima, Rutigliano, Noicattaro e Triggiano. Quasi 40 chilometri fra calcari e tufi, che sfociano in mare poco a sud di Bari, in corrispondenza di Cala San Giorgio.

L’iter burocratico In realtà l’istituzione di questo parco è storia vecchia: le carte giacciono nelle segrete stanze della Regione da almeno vent’anni. A partire dalla legge Regionale n.19 del 1997, che ha individuato Lama San Giorgio tra le aree naturali protette per l’interesse naturalistico e paesaggistico, passando per l’intesa raggiunta nel 2002 tra Regione e Comuni interessati, con cui si è perimetrata l’area, fino al documento d’indirizzo formulato nel settembre 2007. Da allora ogni momento sembra buono ma il parco, per ora, è rimasto solo su carta.

Problema cinghiali E c’è chi vuole che il progetto resti chiuso in un cassetto, perché proprio l’istituzione di questi parchi non ha portato vantaggi al territorio ma, anzi, solo tanti problemi. Uno su tutti, quello che adesso sta molto a cuore ai baresi: i cinghiali. “Nel 2002 abbiamo effettuato dei ripopolamenti tra Spinazzola e Gravina ma, guarda caso, dopo 20 anni in quei territori i cinghiali sono tenuti sotto controllo – sottolinea Vito Antonio Scavo di ArciCaccia Bari – Il problema della cinghializzazione, invece, si è sviluppato dove i parchi sono stati istituiti e gestiti male”.

Istituire il parco, con tanto di divieto di caccia, sarebbe praticamente inutile, anche perché i cinghiali fanno ugualmente una brutta fine. Il piano messo in atto dalla Regione, infatti, prevedeva grandi gabbie per catturare gli animali: “Il piano triennale ha un costo complessivo di 180mila euro di soldi pubblici – spiega sempre Scavo – I cinghiali catturati vengono poi portati nelle aziende faunistico-venatorie dove si spara a pagamento. In pratica vengono ammazzati ugualmente”.

Il rischio, in sostanza, è che si ripeta ciò che sta succedendo a Lama Balice: area del parco troppo a ridosso dei centri abitati col pericolo di ritrovarsi i cinghiali dietro la porta di casa. Il percorso di Lama San Giorgio, infatti, passa molto vicino a diversi comuni del sud-est barese: “I parchi già esistenti dovrebbero aver già insegnato molto alla Regione – spiega Vito De Giulio dell’associazione Libera Caccia Triggiano – Il numero di animali che si è riversato su strade e centri abitati rappresenta un pericolo. Stiamo provvedendo a raccolta firme, noi triggianesi venderemo cara la pelle”.

Parcomania Eppure l’estensione del territorio italiano non giustificherebbe tutto questo fiorire di parchi. Il confronto con altri Paesi europei è paradossale: “Il territorio agro-silvo-pastorale è il doppio in Francia e Germania ma il numero dei parchi è la metà rispetto all’Italia”. Il dubbio è che sia solo un pretesto per far partire i soliti carrozzoni politici dove spendere altri soldi pubblici: “Siamo di fronte al fenomeno della ‘parcomania” per cercare di impiegare persone che nulla hanno a che fare con la natura nella direzione di questi parchi”. Una ricaduta economica solo per pochi, non certo per tutti.