Prima di tutto, i fatti. Partiamo dal più recente. Il cral dell’ospedale Di Venere, a Carbonara, ha chiuso i battenti. Da diversi giorni ormai il contestato spaccio aziendale situato all’interno del presidio ospedaliero, che al contrario di quanto previsto vendeva i suoi prodotti anche ai non dipendenti, ha la saracinesca abbassata. Per quanto ne sappiamo, pare che il gestore, dipendente dell’ospedale nonché padre del ragazzo che ci lavorava, abbia inviato una lettera alla direzione generale della Asl e alla direzione del Di Venere in cui averebbe messo nero su bianco la decisione di non riaprire più. E questo è un fatto.

Un altro fatto, storia nota ormai, è che il bar, abusivo, sempre posizionato all’interno del Di Venere, ha chiuso da diversi giorni, ma i lavori annunciati non sono ancora iniziati. Lo stesso ingegnere dell’azienda che si è aggiudicata l’appalto, da noi interpellato alla riconsegna delle chiavi, ci aveva detto che prima di avviare il cantiere dovevano arrivare tutti i permessi, ovvero l’agibilità dell’intera struttura. Mettere in piedi un’opera che poi rischiava di non avere il permesso di aprire, decisamente non avrebbe avuto senso.

Un altro fatto è che la Asl ha emanato una disposizione tassativa: durante l’orario di lavoro, il personale non può uscire dal perimetro del presidio, nemmeno per andare a comprare una bottiglietta d’acqua, di cui l’organismo ha bisogno per sopravvivere. Pare che un dipendente delle cucine ci abbia provato comunque e sia stato beccato dalla Guardia di Finanza.

Un altro fatto, anche questo storia nota, è che nell’ospedale Di Venere non c’è un distributore automatico. Dunque, il solo modo per procurarsi qualcosa da bere, o da mangiare, è rivolgendosi all’edicola, che però è chiusa dalle 13 alle 17 e dopo le ore 20. Durante quella fascia oraria, siate voi pazienti, parenti o dipendenti, potete anche morire di sete. Il disagio provocato è talmente evidente che anche i sindacati hanno scritto al direttore generale della Asl Vito Montanaro.

Fin qui i fatti. Ora le domande, una sola in realtà. È mai possibile che nel 2017, per poter bere un po’ d’acqua in un ospedale, il solo modo sia portarsela da casa? Abbiamo dovuto sollevare, noi, il velo su un meccanismo fatto di silenzi, occhi chiusi e teste girate dall’altro lato, a quel punto il sistema è andato in blocco. E alla gente comune non resta che portarsi l’acqua da casa.