Ci siamo occupati più volte del reparto di Neurologia dell’ospedale Di Venere, a Bari. Il degrado strutturale del nosocomio, comunque al centro di un’importante opera di ristrutturazione, deve aver finito col degradare anche l’atteggiamento del personale nei confronti dei pazienti, anche di quelli in punto di morte.
Sia chiaro, non ci piace generalizzare. L’episodio propostoci dal lettore, attraverso la lettera al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, al contrario di quanto possa sembrare, esalta la dedizione e la passione di quanti ancora pensano che lavorare in un ospedale sia una specie di vocazione. Siamo certi che il governatore prenderà la lettera come una critica costruttiva, in un momento particolarmente importante per il futuro della sanità pugliese.
LA LETTERA A EMILIANO 
Caro presidente Emiliano,
non so che idea di sanità abbia nella sua mente e come fa a sostenere che siano stati fatti importanti passi in avanti. Quali ospedali frequenta per affermare una simile eresia? A meno che i miglioramenti ai quali si riferisce, non siano quelli registrati in quel pezzo di sanità appannaggio di chi ha possibilità di scegliere dove andare. In questo momento capisco perché tutti gli altri vengono chiamati comuni mortali. Effettivamente, morire tra l’indifferenza di quanti dovrebbero accudirti è molto comune.
A causa di un ictus mia suocera è stata ricoverata nel reparto di Neurologia dell’Ospedale Di Venere, a Bari. Una specie di girone infernale in cui lo stato di degradato delle strutture ha finito col degradare anche l’atteggiamento nei confronti di pazienti e parenti di buona parte del personale. Una vergogna mai vista prima d’ora, grazie a Dio. Presidente, passi da questo postaccio alla viglia di un annuncio.
Vedrà, potrebbe davvero avere l’illuminazione su ciò che davvero necessita alla sanità pugliese per essere considerata di un livello accettabile. Certo, ci sono le eccellenze, ma ci sono anche latrine come questa. Non le dico cosa abbiamo dovuto fare e come abbiamo dovuto supplicare il personale in servizio per poter avere la sostituzione del cusino. L’altro puzzava di vomito e si tratta comunque di una persona che sta lottando tra la vita e la morte. In questo momento si spera almeno nella tutela della dignità del paziente e del dolore di chi è cosciente di poter perdere la persona amata. Le dirò di più.
Tra giovedì e venerdì scorso mia suocera ha avuto un malore. Abitiamo ad Adelfia, ma l’ambulanza del 118, non medicalizzata, è arrivata da Palo del Colle e solo dopo una chiamata ai Carabinieri. Un’attesa interminabile. Mia suocera ha 81 anni e le sue condizioni sono apparse subito gravissime. L’hanno trasferita d’urgenza a Carbonara. Ora è in coma. Il reparto è nuovo, nulla da dire. Il personale, invece, è davvero scorbutico. Per farle un prelievo le hanno fatto un tiro a segno al braccio.
E poi, come le dicevo, il cuscino al profumo di vomito. L’infermiera lo ha cambiato borbottando. Quando ha fatto il suo lavoro, quello per cui viene pagata coi soldi di tutti, senza un minimo di compassione, ha provveduto a farci pesare quel dovere deontologico e morale, scambiato per un favore. Presidente, venga nel reparto di Neurologia del Di Venere e più in generale in questo nosocomio. Noi comuni mortali meritiamo gli stessi diritti di quanti trovano sempre tutte le porte aperte.