Sono partiti a febbraio 2015 con l’intenzione di liquidare uno dei pezzi più prestigiosi dell’immenso patrimonio dell’associazione di volontariato più grande d’Italia, il complesso immobiliare di via Levantina a Jesolo, per fare cassa e sanare il bilancio. Francesco Rocca, non ancora direttore generale dell’Idi ma sempre saldamente ancorato sulla poltrona di presidente di Cri, aveva ordinato di vendere questo pezzo di storia della Croce Rossa, a disposizione dei volontari da solo 81 anni, a ben 42,074 milioni di euro.

La vendita viene affidata all’associazione dei Notai che non riesce nell’intento. Si passa da qualche esperimento di asta pubblica, invero poco pubblicizzato, e si ritorna al via, senza incassare i famosi venti euro del Monopoli ma addirittura perdendo quasi quattordici milioni di euro per strada. Sì, perché l’ordinanza presidenziale con la quale lo scorso 20 agosto si riaprono i giochi per la liquidazione del patrimonio dell’Ente e si riaffida la stessa vendita agli stessi notai che finora non sono riusciti a combinare un tubo, fissa la base d’asta in 37,866 milioni di euro. Riducibili di un altro dieci per cento del valore nel caso la prima asta andasse deserta.

Noi, nonostante a via Toscana si pensi il contrario, non siamo tra i dietrologi che pensano che questo modus operandi serva a far acchiappare i gioielli di famiglia, sottoprezzo, a qualche amico degli amici. Prendiamo atto però, e ve lo facciamo sapere, che andando avanti così quello che si voleva vendere per risanare i bilanci sarà semplicemente svenduto creando ulteriori debiti (perché nel frattempo si ragiona intorno ad un accordo bancario che preveda anticipazioni a valere sulla liquidazione degli immobili sociali), che la riorganizzazione funzionale dell’ente produrrà soltanto disoccupazione, che a fronte dei licenziamenti ad ogni livello si stanno verificando misteriose assunzioni con contratti di collaborazione che drenano risorse utili alle attività sociali di Cri, e che l’organizzazione umanitaria più importante d’Italia, ausiliaria dei pubblici poteri e custode del pensiero di Solferino, sta letteralmente scomparendo, divorata da inconfessabili ma insaziabili interessi. E voi continuate a chiamarla privatizzazione.