Il cronista attento, quello che macina chilometri e chilometri, che conosce tutti, che saluta ogni persona che  incontra pur di collegare un nome a un volto, non si fa mai sfuggire nessun particolare e registra sul suo taccuino, rigorosamente a matita, tutti i fatti, anche quelli più insignificanti. E si fa domande. Perché, per esempio, l’impegnatissimo presidente di Croce Rossa Italiana, il volontario Francesco Rocca, ormai globe trotter della solidarietà, che vola di continuo tra Lampedusa e la Siria, tra Ginevra – dove peraltro è anche vice presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (mica un centro anziani, con tutto il rispetto possibile per i nostri nonni) e l’Ucraina, comincia a girare come un avvoltoio all’alba intorno alla poltrona di Direttore Generale dell’IDI, primo polo sanitario privato del centro Italia con proprietà saldamente in mano al Vaticano?

E perché un tizio, certo non un tizio qualsiasi, lanciatissimo nella professione forense decide di abbandonare la toga per gettarsi al timone di aziende o enti con catastrofici bilanci e destinati al dissesto? Domande destinate a rimanere senza risposta anche perché chi dovrebbe fare, almeno nel mondo del giornalismo, da ponte tra te e i fatti, gli uffici stampa (anche quello della Croce Rossa), sono blindatissimi e certe domande non se le pongono mai, stando il fatto che si tratta di poltrone imbottite da super compensi che sicuramente non prevedono l’obbligo di rispondere ai colleghi, ma più prosaicamente quello di tener lontani gli impiccioni.

Il nostro cronista chiude quindi il taccuino e si appresta a seguire altre e migliori notizie, fino a quando legge su Repubblica, quello sì un giornale serio, le dichiarazioni di Salvatore Buzzi, venuto alla ribalta delle cronache per le sue recenti pilloline di saggezza del tipo: “la mucca se non la fai mangiare non da latte”, metafora di ricordi di una vita agreste, nella quale l’aria era più pulita, i treni arrivavano in orario e si poteva dormire con la chiave sulla porta. Proprio il quotidiano scrive, in un pezzo a firma del collega Daniele Autieri “Dopo che a fine 2013 Nicola Zingaretti taglia le convenzioni con l’Ifo-Regina Elena, i re delle cliniche continuano a fare affari altrove….L’ultimo pezzo del puzzle sfiora il Vaticano e arriva all’Idi, coinvolto in un’inchiesta per un dissesto finanziario da 845 milioni di euro. Gli investigatori cercano i soldi all’estero, in società di comodo con sede a Panama, Svizzera, Liechtenstein…Dall’ordinanza del pm Giuseppe Cascini emerge un interesse degli Angelucci ad acquistare l’Idi, contro il parere del Vaticano. Ma quello che conta – oggi – è un’altra verità raccontata il 6 maggio da “Il Tempo”.

Tra i fornitori dell’IDI figurerebbe la Arc Trade di Marco Iannilli, utilizzata dalla testa di legno di Massimo Carminati per riciclare denari all’estero”, una cosa abbastanza fuori dalle righe se si pensa che appena partito il primo troncone dell’inchiesta denominata Mafia Capitale tra le foto messe in circolazione su internet c’era quella che ritraeva Rocca e Buzzi, con altre persone, in una seduta conviviale. E al cronista non resta che continuare a macinare chilometri.