Titoli di coda sulla crisi nera di Telenorba. Il 13 settembre scadono i 26 mesi di cassa integrazione, il massimo consentito per la spremitura degli ammortizzatori pubblici. A quel punto via libera al piano industirale presentato dall’azienda (l’ennesimo): 55 licenziamenti tra tecnici e amministrativi, poi ci sono i 9 giornalisti e almeno un altro paio di dipendenti della Fo.no.vi.pi., l’azienda che gestisce la pubblicità. In quest’ultimo caso, però, le lettere di licenziamento sono già state fatte recapitare.

Tutti gli altri le riceveranno a partire dal 14 settembre, quando sarà scritta la parola fine al tira e molla dall’epilogo scontato, tranne che per chi ha voluto alimentare false speranze. Certo, come succede quando c’è una trattativa con i sindacati, non è da escludere una ulteriore diminuzione del numero degli esuberi, ma ormai si parla solo di questo: più o meno qualche unità. Non c’è più spazio per i contratti di solidarietà, a Conversano l’hanno detto ancora una volta senza mezzi termini in maniera ufficiosa. L’8 agosto azienda e sindacati si riuniranno ancora ma, stando alle voci raccolte, solo per ufficializzare il mancato accordo.

A casa sicuramente i primi a essere finiti in cassa integrazione a zero ore oltre a tutti i dipendenti impiegati in redazioni e settori soppressi. Tutti gli altri saranno individuati in considerazione dell’anzianità di servizio, dei carichi familiari e delle esigenze tecnico-produttive. A quel punto via libera per le impugnative ai licenziamenti, anche in consierazione di alcune palesi violazioni. Ci sono, per esempio, dipendenti messi in cassa integrazione a zero ore che, in realtà, erano assunti in settori che non sono stati affatto soppressi. Settori che, nel corso del tempo, hanno addirittura visto un’integrazione di personale, rendendo alcune scelte ingiustificabili.