Un lavoro umile, la contadina, e tre figli di cui l’ultimo, Teo, affetto da distrofia muscolare. Eppure non è mai rimasta indifferente verso le difficoltà degli altri e due anni fa ha adottato Maria, una bambina disabile con un ritardo mentale. «Quando è arrivata a casa non parlava, gesticolava soltanto – racconta Rosa – Era una situazione molto complicata, soprattutto psicologicamente». E invece dopo appena due mesi la bambina ha cominciato a parlare. E da 3mesi la sua famiglia si è allargata ancora perché sta ospitando Annarita, una ragazza affetta da una malattia neurodegenerativa. Ma in questi anni in tanti, stupiti, le hanno chiesto il perché di queste sue scelte. La risposta vale più di ogni commento: «L’amore di Dio, quella è la cosa più grande – spiega Rosa con fierezza – perché con loro riesco ad apprezzare davvero quanto vale la vita».

Ma ovviamente, come in tutte le storie vere, sono tanti i problemi da affrontare. A partire da chi vive nel suo apatico recinto e non si pone nemmeno il problema di bloccare con la macchina gli scivoli sui marciapiedi. Per non parlare delle istituzioni e della mancanza di strutture in cui poter seguire questi ragazzi: «Questo è un tasto un po’ amaro, manca un reparto neuromuscolare in Puglia e abbiamo un Cpr a Gravina che non funziona. Noi ogni sei mesi andiamo a Bologna – racconta Rosa – Chiederei al presidente Nichi Vendola di soffermarsi un attimo sui nostri ragazzi, hanno voglia di vivere e lottano per vivere. Chiedono solo che venga rispettata la loro dignità di uomini, ragazzi, bambini. Non bisogna tagliare i fondi alla sanità».

La storia che Rosa racconta ai nostri microfoni ha l’aria di una magica normalità, quella che ti fa appoggiare sulla schiena ogni preoccupazione, che sa far spostare le anime nella direzione giusta. Senza chiedere nulla in cambio. Anzi una sola cosa: no all’indifferenza.