Votare, si sa, è un diritto e un dovere, ma per farlo bisogna seguire alla lettera cosa dice la legge in merito. Non parliamo di quella elettorale con cui vengono nominati i parlamentari, ma delle modalità con cui ogni elettore viene in possesso delle schede per esprimere il proprio voto. In teoria è semplice: ci si reca al seggio indicato con la propria scheda elettorale, si consegna la stessa insieme ad un documento di riconoscimento valido, si lascia il cellulare agli scrutatori e ci si chiude in cabina con le schede e la matita. Vediamo allora cosa è ci capitato.

Presentatici agli scrutatori della nostra sezione, consegnamo la tessera, consegnamo il tesserino dell’Ordine dei Giornalisti e pronunciamo ad alta voce nome e cognome. E qui inizia una sceneggiata degna di Totò e Peppino. La scrutatrice di turno, presa la tessera e ignorando il tesserino, inizia a cercarci nella lista degli iscritti. Ricerca infruttuosa. “Ma lei ha effettuato un cambio di domicilio?” Risposta: “Si, ma prima di votare in questo seggio, io qui ho già votato, come si vede dai timbri e dall’adesivo applicato sulla scheda in cui è indicato chiaramente il numero di sezione”. Incurante di tutto ciò, prosegue per la sua strada: “Non ha importanza, si vede che il registro non è aggiornato” .

Ci passa quindi in consegna alla presidente di seggio (almeno così riteniamo), la quale ci accompagna in tour da una sezione all’altra, alla ricerca del votante perduto. “Puoi controllare sulla tua lista se c’è Lomuto?” “Scusa guarda se ti risulta nel tuo elenco?” e via così. “Signora guardi, io il cambio di domicilio l’ho fatto prima di votare nella sua sezione, vede l’adesivo riportato sulla scheda? Devo esserci per forza nel suo elenco”. Niente da fare, il giro esplorativo prosegue infruttuosamente. Terminata la visita guidata dell’edificio, torniamo alla base e qui riusciamo a dare un’occhiata alle lista degli iscritti appesa al muro, copia conforme di quella in possesso agli scrutatori. “Eccomi signora,  vede? Sono io questo!” “Avevo letto male” si giustifica la giovane scrutatrice “Vede? L’iniziale del suo cognome si confonde con i segni prestampati sulla scheda. La sua elle sembra una ci”.

Fin qui, direte voi, che c’è di strano? In fondo nulla, si tratta di un disguido. Il bello arriva adesso. “Scusate- dice la presidente rivolta agli scrutatori -ma nessuno ha controllato il documento?” Il generale imbarazzo sulle facce dei presenti regna sovrano. “Scusi, ecco le sue schede elettorali”. Chiarito l’equivoco, tutto finito direte voi. Mica tanto. Al ritorno dalla cabina, ecco che si materializza l’oscena ed illegale proposta di un anziano (anagraficamente parlando) scrutatore. Matita rossa alla mano, già poggiata sulla scheda, afferma: “Posso fare un segno sulla sua tessera elettorale? Sa non si legge bene…”rimanendoci pure male alla nostra secca risposta: “Non se ne parla nemmeno! La tessere deve rimanere così com’è. Non sono ammessi segni di alcun tipo, deve essere consegnata al seggio integra altrimenti non è valida per votare.” Non lo diciamo noi, lo dice la legge. Che gli scrutatori sono tenuti a conoscere.

Come nota di contorno, aggiungiamo che nessuno ci ha chiesto il cellulare, che ci siamo tranquillamente portati in cabina ma che non abbiamo voluto usare per scelta e nessuno ha saputo leggere il tesserino dell’Ordine (valido come documento di riconoscimento), ci è toccato fargli vedere il numero che troneggia sulla copertina per poterlo annotare sul registro dei votanti. Ad una nostra conoscente, è toccato tornare al seggio per farsi timbrare la scheda, qualcuno ha semplicemente dimenticato di apporlo dopo averla fatta votare. Tutte cose che non dovrebbero succedere.

Gianluca Lomuto (con la elle enon con la ci)