Luisa Di Ciommo, uno dei medici coinvolti nella manifestazione, che ha visto quanti hanno partecipato indossare un camice e un cerotto nero sulla bocca, ha dichiarato: “Gli specializzandi universitari hanno richiesto sostanzialmente l’abrogazione dell’ imposta sul reddito delle persone fisiche. Loro hanno uno stipendio di circa 25mila euro l’anno, noi invece abbiamo uno stipendio che è meno della metà, circa 11mila euro”.

“Noi questa tassa la paghiamo già da quasi vent’anni – ha inoltre sottolineato Di Ciommo – se loro hanno avuto l’abrogazione, noi che già la paghiamo e abbiamo uno stipendio che è meno della metà annuale del loro, ovviamente non vorremmo pagarla”

“Siamo veramente squalificati professionalmente” ha evidenziato il medico in Formazione specifica. Una lotta contro gli altri specializzandi? No, perché come ricorda Di Ciommo, la protesta “non vuole essere contro gli specializzandi ma vuole essere complementare”.

Un concetto ribadito anche dal collega Massimiliano Lucarelli: “Giustamente gli specializzandi hanno combattuto per ottenere la cancellazione di quel decreto. La nostra proposta era, tuttavia, non di cancellarlo ma di modificarlo, in modo tale da ottenere l’esenzione sia per loro che per noi”.

“Il decreto ‘Cresci Italia’ aveva effettivamente lo scopo di detassare le borse soggette ad Irpef, praticamente la nostra – ha messo in luce Lucarelli – Grazie a quel decreto, che prevedeva come limite per l’esenzione un borsa da 11.500 euro, noi avremmo dovuto pagare le tasse solo su 100 euro di differenza, mentre adesso le paghiamo interamente sui nostri 11.603 euro”.

“Fra di noi, che facciamo un corso di tre anni, c’è anche gente che ha famiglia, con 870 euro al mese, più l’irpef e nessun diritto – ha dichiarato Lucarelli – Se una nostra collega va in maternità perde l’anno. Non abbiamo ferie, non abbiamo possibilità di fare nient’altro e quindi succede che molti medici in formazione di medicina generale abbandonano il corso”.

I dati parlano di una “moria” quasi del 40% ogni anno. Chi decide di lasciare passa “magari a prendersi la specialità ospedaliera che qualche diritto in più ce l’ha, se vogliamo, anche perché, per quanto riguarda il trattamento economico, il loro è migliore: prendono 1800 euro, esentasse e tutto il resto”.

In questo modo si formeranno sempre meno medici di famiglia che non riusciranno a “tappare” il buco e quindi “non si potrà procedere ad un equilibrato cambio generazionale”.

“I mass media e le varie testate giornalistiche non ci hanno considerato – ha lamentato Di Ciommo – hanno creato una sorta di disinformazione perché hanno scritto che l’abrogazione dell’Irpef ha portato tutte le borse ad essere esonerate dal pagamento di questa tassa, ma in realtà non è così. Non siamo medici di serie B”.

Angelo Fischetti