Sulle tavole italiane, nel 2011, l’olio di oliva è giunto per il 74% dalla Spagna, mentre il 15% è stato acquistato dalla Grecia e il 7% dalla Tunisia. L’importazione di olio dall’estero, quindi, si  è quasi triplicata negli ultimi 20 anni e la produzione nazionale è calata drasticamente.

I dati sono stati mostrati dalla Coldiretti nel corso dell’iniziativa “Per il futuro dell’olio italiano”, promossa insieme a Fondazione Symbola e Unaprol. La maggioranza delle bottiglie di olio provengono da olive straniere, e si assiste sempre più spesso a truffe e inganni.

“E’ scandaloso che in un Paese come l’Italia, che ha conquistato primati mondiali nella qualità dell’extravergine i cittadini siamo costretti a consumare, con l’inganno, prodotti scadenti ottenuti spesso mescolando prodotti di origine diversa”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini.

Il discorso è caro soprattutto al Sud e alla Puglia il cui olio si è guadagnato l’appellativo di extravergine grazie alla naturalezza del prodotto, ottenuto mediante processi che non ne alterano la genuinità.

Ma la legislazione italiana ha ceduto alle lusinghe del mercato acquistando soprattutto olio straniero di bassa qualità e quindi anche a basso costo. Una confezione da un litro di un buon olio extra vergine di oliva, infatti, prodotto al 100% con olive italiane, non potrebbe costare sullo scaffale di un supermercato, meno di sei euro.

L’attuale situazione, concludono Coldiretti, Symbola e Unaprol “mette a rischio un patrimonio ambientale con oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale, che garantiscono un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all’anno e un fatturato di 2 miliardi di euro”.

Maria Bruno